La mia nemica.
Di li a qualche giorno avrei compiuto dodici anni, ma quella sera della vigilia di Natale, mentre alla finestra osservavo lo scorrere pigro dei fiocchi di neve sui vetri, improvvisamente sentii un lungo brivido percorrermi la schiena.
Quella strana impressione di freddo e la sensazione dell’umida carezza sul volto, mi fece piangere.
– Mamma dove sei? – Mormorai stringendo convulsamente le mani
Quelle poche parole appena sussurrate ruppero l’incanto, mi volsi verso mio padre asciugando i lacrimoni che scorrevano indolenti sulle gote.
Lui sollevò lo sguardo su di me
– Cos'hai, la giornata ti fa sentire triste?
– Perché mi torna così spesso il ricordo della mamma? – Domandai tornando a guardare fuori
– La tua amata nemica?
– No! Ti prego pà... non dire così... mi fai piangere! Sono addolorata per quello che ho fatto alla mamma... è un dolore troppo grande da sopportare!
Mio padre lasciò il giornale e mi raggiunse alla finestra. Il silenzio era rotto soltanto dal rumore della città.
– Scusami piccola, ti voglio bene!
– Pà! – Esclamai senza vederlo – Non senti delle voci nel silenzio?
– Una volta, ma ormai ho superato l’età che mi consentiva di udirle.
– Il loro suono è dolce
– Lo so! Riesci a capire cosa dicono?
– No... Cosa sono?
– Mia madre diceva che nel silenzio c’è la voce della nostra coscienza.
– Vorrei essere capace di chiedere perdono alla mamma
– Puoi farlo
– E lei mi ascolterà?
– Posso solo credere che se tu le parlerai lei sarà felice di ascoltarti.
– Mi voleva bene?
– Si... Te ne ha sempre voluto
– Avrei dovuto capirlo prima
– Sam, non crearti problemi... non potevi... non eri pronta
– È dovuta morire perché comprendessi quale grande tesoro abbia perso
– Ssst... La mamma era malata, tu non hai nessuna colpa
– Ce l’ho pà, ce l'ho – dissi con la voce rotta dai singhiozzi – La mia malvagità l'ha uccisa, e quando seppi che sarebbe andata in cielo non volli ascoltarla, credetti che volesse punirmi
– Ora smettiamola con questi discorsi
– Non capisco come riuscisse a perdonare tutte le mie offese. Cosa la spingeva ad amarmi? Io non ero sua figlia... mi avevate adottato... o Dio... cosa le ho fatto!... Come vorrei riuscire a capire perché anch’io ora gliene voglio... che senso ha? Perché soffro al pensiero di averle fatto del male. Perché mi fa tanto soffrire? Perché sono felice quando il mio spirito si colma del suo ricordo? Perché ora piango
mentre prima ne ero incapace? Puoi spiegarmi perché soltanto ora provo queste cose? Perché prima che la mamma salisse in cielo tutto questo mi era sconosciuto?
– Non pormi domande alle quali non so darti risposte
– Sono così strane queste cose... il pianto, il dolore, la felicità, il suo ricordo. Come vorrei essere capace di darmi quelle risposte
– Nell’amore non c’è nulla di strano, è la più spontanea delle nostre inclinazioni, ed è l’unico sentimento che la mente non può controllare, può soltanto prenderne atto. In ognuno di noi esiste una unità di misura che ci consente di separare l’indifferenza dalla commozione. Guarda quanto accade a te...ora sei capace di commuoverti al ricordo della donna che pur non avendoti dato la vita, aveva scelto di amarti come una vera madre.
– Aiutami pà, non lasciare che questo dolore mi uccida... prima non ero così, non conoscevo la commozione, la mia mente non era capace di percepirla. Perché ora sono cambiata?
– Non lo so, forse è stato il suo amore a strappare una maglia della sacca che le racchiudeva... il resto l’hai fatto tu, hai saputo riportarle alla luce
– Anche tu provavi le mie stesse emozioni?
– Si! – Sussurrò mio padre carezzandomi i capelli – Con la differenza che a me è stato concesso godere a lungo dell’affetto di mia madre
Chiusi gli occhi per trattenere le lacrime, e mio padre, comprendendo quale tempesta si agitasse in me, mi strinse tra le braccia rimanendo in piedi accanto alla finestra.
– Prima di andarsene la mamma mi lasciò una lettera per te... la vuoi?
– Oh si... ti prego!
– E' la sua ultima poesia... la lessi e le chiesi se voleva che ne creassi un video... Dopo qualche giorno mi autorizzò, ma non feci in tempo a terminarlo prima che salisse in cielo... è in questo cassetto da ormai
tanti anni e credo sia il momento che tu la legga... Disse aprendo un cassetto della scrivania.
Non risposi, tirai su col naso e lui pose tra le mie mani una busta... Fuori aveva lentamente ripreso a nevicare.
Dovettero trascorrere altri cinque lunghi anni prima di trovare il coraggio di aprire quella busta e porre nel PC il disco sul quale lui aveva registrato la poesia della mamma.
Di li a qualche giorno avrei compiuto dodici anni, ma quella sera della vigilia di Natale, mentre alla finestra osservavo lo scorrere pigro dei fiocchi di neve sui vetri, improvvisamente sentii un lungo brivido percorrermi la schiena.
Quella strana impressione di freddo e la sensazione dell’umida carezza sul volto, mi fece piangere.
– Mamma dove sei? – Mormorai stringendo convulsamente le mani
Quelle poche parole appena sussurrate ruppero l’incanto, mi volsi verso mio padre asciugando i lacrimoni che scorrevano indolenti sulle gote.
Lui sollevò lo sguardo su di me
– Cos'hai, la giornata ti fa sentire triste?
– Perché mi torna così spesso il ricordo della mamma? – Domandai tornando a guardare fuori
– La tua amata nemica?
– No! Ti prego pà... non dire così... mi fai piangere! Sono addolorata per quello che ho fatto alla mamma... è un dolore troppo grande da sopportare!
Mio padre lasciò il giornale e mi raggiunse alla finestra. Il silenzio era rotto soltanto dal rumore della città.
– Scusami piccola, ti voglio bene!
– Pà! – Esclamai senza vederlo – Non senti delle voci nel silenzio?
– Una volta, ma ormai ho superato l’età che mi consentiva di udirle.
– Il loro suono è dolce
– Lo so! Riesci a capire cosa dicono?
– No... Cosa sono?
– Mia madre diceva che nel silenzio c’è la voce della nostra coscienza.
– Vorrei essere capace di chiedere perdono alla mamma
– Puoi farlo
– E lei mi ascolterà?
– Posso solo credere che se tu le parlerai lei sarà felice di ascoltarti.
– Mi voleva bene?
– Si... Te ne ha sempre voluto
– Avrei dovuto capirlo prima
– Sam, non crearti problemi... non potevi... non eri pronta
– È dovuta morire perché comprendessi quale grande tesoro abbia perso
– Ssst... La mamma era malata, tu non hai nessuna colpa
– Ce l’ho pà, ce l'ho – dissi con la voce rotta dai singhiozzi – La mia malvagità l'ha uccisa, e quando seppi che sarebbe andata in cielo non volli ascoltarla, credetti che volesse punirmi
– Ora smettiamola con questi discorsi
– Non capisco come riuscisse a perdonare tutte le mie offese. Cosa la spingeva ad amarmi? Io non ero sua figlia... mi avevate adottato... o Dio... cosa le ho fatto!... Come vorrei riuscire a capire perché anch’io ora gliene voglio... che senso ha? Perché soffro al pensiero di averle fatto del male. Perché mi fa tanto soffrire? Perché sono felice quando il mio spirito si colma del suo ricordo? Perché ora piango
mentre prima ne ero incapace? Puoi spiegarmi perché soltanto ora provo queste cose? Perché prima che la mamma salisse in cielo tutto questo mi era sconosciuto?
– Non pormi domande alle quali non so darti risposte
– Sono così strane queste cose... il pianto, il dolore, la felicità, il suo ricordo. Come vorrei essere capace di darmi quelle risposte
– Nell’amore non c’è nulla di strano, è la più spontanea delle nostre inclinazioni, ed è l’unico sentimento che la mente non può controllare, può soltanto prenderne atto. In ognuno di noi esiste una unità di misura che ci consente di separare l’indifferenza dalla commozione. Guarda quanto accade a te...ora sei capace di commuoverti al ricordo della donna che pur non avendoti dato la vita, aveva scelto di amarti come una vera madre.
– Aiutami pà, non lasciare che questo dolore mi uccida... prima non ero così, non conoscevo la commozione, la mia mente non era capace di percepirla. Perché ora sono cambiata?
– Non lo so, forse è stato il suo amore a strappare una maglia della sacca che le racchiudeva... il resto l’hai fatto tu, hai saputo riportarle alla luce
– Anche tu provavi le mie stesse emozioni?
– Si! – Sussurrò mio padre carezzandomi i capelli – Con la differenza che a me è stato concesso godere a lungo dell’affetto di mia madre
Chiusi gli occhi per trattenere le lacrime, e mio padre, comprendendo quale tempesta si agitasse in me, mi strinse tra le braccia rimanendo in piedi accanto alla finestra.
– Prima di andarsene la mamma mi lasciò una lettera per te... la vuoi?
– Oh si... ti prego!
– E' la sua ultima poesia... la lessi e le chiesi se voleva che ne creassi un video... Dopo qualche giorno mi autorizzò, ma non feci in tempo a terminarlo prima che salisse in cielo... è in questo cassetto da ormai
tanti anni e credo sia il momento che tu la legga... Disse aprendo un cassetto della scrivania.
Non risposi, tirai su col naso e lui pose tra le mie mani una busta... Fuori aveva lentamente ripreso a nevicare.
Dovettero trascorrere altri cinque lunghi anni prima di trovare il coraggio di aprire quella busta e porre nel PC il disco sul quale lui aveva registrato la poesia della mamma.