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Sussurri e grida

2 partecipanti

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1Sussurri e grida Empty Sussurri e grida Mar Giu 08, 2021 9:58 am

Licia

Licia
Mamma Orsa
Mamma Orsa

SUSSURRI E GRIDA
La signora G. era considerata, nel vicinato, una vedovella molto appetitosa ma altrettanto inarrivabile. Chiamarla vedova non era però esatto. Il marito, più che morto, era sparito: un anno prima era uscito a comprare le fatidiche sigarette e da allora non era più tornato. Lei si era vestita di nero e faceva vita ritirata senza dare confidenza a nessuno.
Un atteggiamento così poco sociale era oggetto di molte critiche e commenti. Sembrava anche strano che lei potesse essere tanto afflitta dato che il marito era stato, parlandone da vivo, un tipaccio dal carattere violento. Molti anzi sospettavano che potesse essere stato ucciso da qualcuno con il quale lui aveva avuto delle beghe da osteria, ma il cadavere non si era trovato da nessuna parte così che l’ipotesi dell’omicidio era stata scartata.
L’amico che frequentava la casa della vedova era il dottore del paese: un giovanottino smilzo e belloccio di poche parole. A giudicare dalla frequenza delle visite, la signora doveva avere gravi e molteplici problemi di salute.
La madre e le sorelle del dottore lo mettevano in croce affinché si “sbottonasse” almeno un poco, per poter far circolare qualche notizia sui mali della vedova onde anche far tacere alcune voci (per altro isolate) su di una possibile tresca mascherata da rapporti professionali. Ma lui, neanche una parola! E si infastidiva molto per l’insistenza delle sue donne a cui diceva di vergognarsi per la morbosa curiosità.
L’occasione per avere qualcosa su cui congetturare fu data da un guasto sull’impianto elettrico in casa della vedova che dovette rivolgersi all’elettricista per la riparazione. Questi era un giovanotto svelto, con due occhi neri che frugavano ovunque. Non gli sembrò vero di avere il privilegio di entrare in quella casa sbarrata a tutti (tranne che al dottore).
Era così felice quando si presentò alla porta con la borsa degli attrezzi, che le avrebbe fatto la riparazione gratis.
La donna gli venne incontro come sempre vestita di nero e con il suo fare freddo e distaccato. Lo accompagnò in cantina perché riparasse il guasto della centralina elettrica. Era una cantina umida e buia, a più stanze chiuse. Aleggiava un odore forte di vino misto a muffa. L’elettricista si sentì rabbrividire e gli vennero in mente strane storie da romanzo giallo. Finì in fretta il suo lavoro e si accingeva a salire le scale, quando notò che, in fondo ad una delle porte chiuse, c’era una grossa macchia rosso-nerastra dall’ aria appiccicosa.
La vedova volle offrirgli un caffè con inconsueta gentilezza.
Era più bella così, in casa sua,con un vestitino semplice.
Sembrava più giovane ed attraente, ma ormai l’elettricista non vedeva l’ora di andarsene a commentare quanto aveva visto con gli amici del bar.
Sapeva che sarebbe diventato ben presto il centro d’attrazione e stava già meditando a come infiocchettare la notizia del sangue sulla porta (poiché di quello si trattava certamente) per renderla più stuzzicante.
In effetti la notizia, così sapientemente inquadrata nell’atmosfera giusta, fu una bomba per il paese e per più giorni non si parlò d’altro.
Già tutti pensavano che lei lo avesse ammazzato: ma il cadavere dov’era?
Sepolto giù in cantina? O trasportato chissà dove, notte tempo, magari con l’aiuto del dottore?
L’ondata di interesse morboso andava esaurendosi quando la vedova andò a chiamare l’idraulico per un tubo d’acqua che le stava allagando la casa. L’ idraulico fece il suo lavoro, bevve il caffè con la signora, intascò la parcella e, quando stava per uscire, gli venne in mente di verificare se fosse vera la storia della macchia di sangue di una delle porte della cantina. E allora disse che sarebbe stato meglio dare un’occhiata ai tubi centrali perché non avessero a rompersi anch’essi provocando danni maggiori.
Giunto in cantina, vide la macchia e in più gli parve di udire da quella porta chiusa come un lamento flebile.
Il giorno dopo, il paese era in fermento. La moglie dell’idraulico portò la notizia fresca al mercato e lì, di banco in banco, dilagò a macchia d’olio.
Si formarono capanelli di tre o quattro persone con le teste vicine a confabulare. Il bar era pieno di sfaccendati che commentavano l’accaduto, ciascuno ampliando il flebile lamento a modo suo e trasformandosi in scrittore e protagonista della storia.
Prima di sera la notizia da riportare all’indomani era che l’idraulico aveva sentito un uomo chiuso nella cantina chiedere aiuto.
Naturalmente bisognò modificare la prima tesi dell’ omicidio: il marito era tenuto prigioniero dai due amanti diabolici.
Il maresciallo dei carabinieri, benché informato dei nuovi eventi, non ritenne che ci fossero sufficienti elementi per una perquisizione, così i cittadini di quel paese dovettero arrangiarsi da soli nel tentativo di prestare aiuto al poveretto.
Tutti si erano intanto dimenticati che il “poveretto” era stato un fior di mascalzone che picchiava la moglie dopo aver fatto notte all’osteria. Si ricordavano solo che era un bell’uomo, forte come un toro che nessuno aveva mai battuto a braccio di ferro, gentile con le donne, forse un po’ troppo e che dava le mance all’osteria. Insomma, un po’ violento quando beveva ma sostanzialmente un galantuomo.
La moglie invece venne subito chiamata la ”vedova nera” e tutti dissero di aver capito chi fosse da sempre il cattivo dei due, altro che vittima! Se la faceva con il dottore e, per essere più libera, aveva incatenato il pover uomo di suo marito in quell’orribile cantina. Neanche a dirlo. Lo studio del dottore fu disertato immediatamente e, non fosse stato per le visite quotidiane alla vedova, sarebbe potuto morire di fame.
Bisognava comunque agire in fretta.
Dopo diverse consultazioni, quei cittadini che avevano preso più a cuore la faccenda parlarono al fabbro per convincerlo ad aprire, con i suoi strumenti, la porta della vedova quando lei fosse uscita per la spesa.
Al fabbro la cosa non sembrava del tutto regolare e temeva, giustamente, delle denunce.
Ma lo convinsero con un argomento inoppugnabile: una volta liberata la vittima, tutto si sarebbe chiarito e, anzi, lui sarebbe stato l’eroe del caso risolto bene.
Così il fabbro, accompagnato da una piccola spedizione e munito di generi di primo soccorso, fece saltare la serratura.
La cantina fu presto raggiunta e la porta macchiata di sangue fu spalancata. C’era di tutto in quel locale illuminato solo dalla luce di una finestrella: una scure, una falce, una pala, una sega, vetri di bottiglie rotte, un lago raggrumato di un liquido rossastro, pure una nidiata di gattini neri e tanti altri oggetti che sarebbero stati benissimo in un film horror ma “lui” non c’era.
Lo cercarono ovunque, convinti che dovesse esserci. In un armadio tarlato, sotto le assi del pavimento, sotto il vecchio sofà dove la gatta aveva fatto il nido, ma nulla che assomigliasse ad un uomo saltò fuori.
Il fabbro ebbe le sue grane con la vedova che montò su tutte le furie. Sul tavolo del maresciallo piovvero denunce molteplici contro tizio, caio e sempronio, perché avevano ficcato indebitamente il naso negli affari della vedova diffamandola pubblicamente e producendole danni morali e materiali.
Sul paese cadde lo sconforto. È triste doverlo constatare: la gente spesso preferisce che ci sia una vittima piuttosto che ammettere di aver avuto torto.
Però ci fu da parte dei cittadini una piccola rivincita che fece dire che non erano state tutte calunnie: infatti, dopo alcuni anni, ottenuta la dichiarazione di morte presunta, il dottore e la vedova convolarono a nozze. Fu un matrimonio strano: lei, lui, il prete e due testimoni venuti da fuori. Non ci furono chicchi di riso o congratulazioni. Un matrimonio squallido degno di due amanti che restavano diabolici, in fondo nessuno dimostrava che il pover'uomo non fosse stato ucciso.
Però la storia non finì così.
Un giorno la perpetua del signor parroco andò in un paese non troppo lontano da lì a trovare una parente ricoverata in un ospizio, e riferì di aver visto il signor G. mentre beveva un bicchiere di vino nel locale bar. Aveva gli occhi persi nel vuoto, ma per il resto, pareva godere di ottima salute.
La parente, su sua richiesta, le aveva detto di non sapere neppure come si chiamasse in quanto era giunto qualche anno prima in stato confusionale tale da non ricordarsi neppure da dove venisse.
La perpetua si consigliò con il parroco che, da uomo saggio, decise di non farne niente. La povera vedova aveva sofferto abbastanza perché le si guastasse quel po’ di felicità che il nuovo matrimonio le aveva dato.
La notizia, col tempo, fece il giro del paese, ma tutti si guardarono bene dall’andare a rompere le uova nel paniere dei due colombi. Il dottore, da parte sua, si meravigliò molto di vedere l’ambulatorio, tanto a lungo disertato, riempirsi di clienti, che non solo lo pagavano puntualmente, ma che lo riempivano di regali: uova fresche, polli ruspanti, verdura dell’orto, torte casalinghe…
Disse alla moglie: “vedi com’è la gente, è pazza; prima ti odiano e poi, senza ragione, ti amano”

A Genoveffa Frau piace questo messaggio.

2Sussurri e grida Empty Re: Sussurri e grida Mar Giu 08, 2021 10:08 am

Genoveffa Frau

Genoveffa Frau
Master of Horse
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La gente è sempre curiosa, preferisce sparlare a lungo poi si rassegna e vede le cose con occhi diversi, una lotta vivere con certa gente che spia e giudica.
Per fortuna tutto finisce e la vita continua!

3Sussurri e grida Empty Re: Sussurri e grida Mar Giu 08, 2021 3:33 pm

Licia

Licia
Mamma Orsa
Mamma Orsa

...piccolo giallo sociologico...

4Sussurri e grida Empty Re: Sussurri e grida Mar Giu 08, 2021 5:50 pm

Genoveffa Frau

Genoveffa Frau
Master of Horse
Master of Horse

Sei molto brava a raccontare le svariate sfumature insite nell'essere umano!

A Licia piace questo messaggio.

5Sussurri e grida Empty Re: Sussurri e grida Mar Giu 08, 2021 7:28 pm

Licia

Licia
Mamma Orsa
Mamma Orsa

Siamo tutti bravi nelle cose che ci interessano.

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