La coppia perfetta
Erano ritenuti da tutti la coppia perfetta: una di quelle cui si addice la parola per “sempre”. Il sempre viene diversamente valutato da individuo a individuo ma coincide come minimo con la durata di una vita umana.
Erano un uomo e una donna molto felici e la loro felicità si riverberava anche sugli altri. Sorridevano sempre, partecipavano alla vita della loro piccola comunità e a tutti gli eventi felici o tragici che la riguardavano.
Un brutto giorno lei morì e lui rimase solo.
Tutti quelli che lo amavano vollero partecipare alla cerimonia funebre, con il cuore sinceramente oppresso dal dolore per quel distacco che supponevano essere molto doloroso. Si aspettavano di doverlo sorreggere chi con le parole, chi con gli abbracci, chi con la preghiera.
Ma lui appariva come una statua suscitando commenti, i più disparati.
“Guardate come soffre! Non riesce neppure a piangere”
“Il dolore lo ha paralizzato”
“E’ un uomo forte che sa reagire”
“E’ dignitoso: non vuole piangere”
“Ma forse non l’amava poi così tanto!”
“Forse è solo stanco per la lunga assistenza che ha dovuto prestarle”
Con il passare del tempo quell’uomo non mutava il proprio atteggiamento. Lo si incontrava alla Messa domenicale, al Supermarket, all’Ufficio Postale, ai giardini pubblici. Era sempre pulito e sbarbato. Ricambiava il saluto con educazione ma assomigliava sempre di più a un robot cui avessero insegnato come ci si comporta in società. Diciamola tutta: non era più lui. La sua espressione non era triste ma neppure felice. Sembrava svuotato. Da cosa?
Mi piace ipotizzare: svuotato dall’anima che se ne era andata in Paradiso insieme a quella della moglie sua amata per sempre.
Erano ritenuti da tutti la coppia perfetta: una di quelle cui si addice la parola per “sempre”. Il sempre viene diversamente valutato da individuo a individuo ma coincide come minimo con la durata di una vita umana.
Erano un uomo e una donna molto felici e la loro felicità si riverberava anche sugli altri. Sorridevano sempre, partecipavano alla vita della loro piccola comunità e a tutti gli eventi felici o tragici che la riguardavano.
Un brutto giorno lei morì e lui rimase solo.
Tutti quelli che lo amavano vollero partecipare alla cerimonia funebre, con il cuore sinceramente oppresso dal dolore per quel distacco che supponevano essere molto doloroso. Si aspettavano di doverlo sorreggere chi con le parole, chi con gli abbracci, chi con la preghiera.
Ma lui appariva come una statua suscitando commenti, i più disparati.
“Guardate come soffre! Non riesce neppure a piangere”
“Il dolore lo ha paralizzato”
“E’ un uomo forte che sa reagire”
“E’ dignitoso: non vuole piangere”
“Ma forse non l’amava poi così tanto!”
“Forse è solo stanco per la lunga assistenza che ha dovuto prestarle”
Con il passare del tempo quell’uomo non mutava il proprio atteggiamento. Lo si incontrava alla Messa domenicale, al Supermarket, all’Ufficio Postale, ai giardini pubblici. Era sempre pulito e sbarbato. Ricambiava il saluto con educazione ma assomigliava sempre di più a un robot cui avessero insegnato come ci si comporta in società. Diciamola tutta: non era più lui. La sua espressione non era triste ma neppure felice. Sembrava svuotato. Da cosa?
Mi piace ipotizzare: svuotato dall’anima che se ne era andata in Paradiso insieme a quella della moglie sua amata per sempre.