Stavo male,
la mia anima si era smarrita nel sottobosco di emozioni incontrollabili.
Ii avevo perso me stessa.
Come un eremita ho rinunciato al mondo fuori di me ero rinchiusa tra le sbarre del rimpianto.
Poi un giorno ho incontrato due occhi, erano dolenti, umidi per aver pianto troppe notti.
E una bocca che aveva dimenticato il sorriso, un cuore che non batteva più per amore.
Era quello il dolore, non il mio.
A piccoli passi mi sono avvicinata e gli ho fatto capire che non era solo, che lo ascoltavo e in silenzio non lo avrei giudicato, ma compreso.
Gli ho accarezzato la spalla, cingendola e lui ha sentito un calore che sapeva di presenza.
E ha avuto fiducia in me,
si è mostrato come un ferito di guerra, quella della vita, con un cielo voltato di spalle, solo senza amici che si erano dimenticati il concetto di amicizia.
Io sono rimasta, in silenzio, ad ascoltare, aspettando un suo cenno, solo un piccolo cenno di consenso :
"SI ho bisogno di te, di una presenza, di ascolto."
E io felice mi sentirò utile per te, come avrei voluto che qualcuno lo facesse per me.
Ma nell'attesa che arrivi quel qualcuno per me, io tento di salvare te.
La solidarietà non è sempre "il fare", ma anche solo "il tentare".
Si tenta di aiutare, impegnandosi a forzare le sbarre della gabbia in cui si è chiusi, facendo spazio per poi passarci in mezzo. Dall'altra parte c'è la salvezza, la cura, occhi umidi solo per la felicità,
bocca che torna ad indossare un sorriso, cuori che risentono il battito dell'amore.
A volte pur nei periodi di persistente malinconia
piccoli attimi sinceri riescono a dare momenti di felicità.
la mia anima si era smarrita nel sottobosco di emozioni incontrollabili.
Ii avevo perso me stessa.
Come un eremita ho rinunciato al mondo fuori di me ero rinchiusa tra le sbarre del rimpianto.
Poi un giorno ho incontrato due occhi, erano dolenti, umidi per aver pianto troppe notti.
E una bocca che aveva dimenticato il sorriso, un cuore che non batteva più per amore.
Era quello il dolore, non il mio.
A piccoli passi mi sono avvicinata e gli ho fatto capire che non era solo, che lo ascoltavo e in silenzio non lo avrei giudicato, ma compreso.
Gli ho accarezzato la spalla, cingendola e lui ha sentito un calore che sapeva di presenza.
E ha avuto fiducia in me,
si è mostrato come un ferito di guerra, quella della vita, con un cielo voltato di spalle, solo senza amici che si erano dimenticati il concetto di amicizia.
Io sono rimasta, in silenzio, ad ascoltare, aspettando un suo cenno, solo un piccolo cenno di consenso :
"SI ho bisogno di te, di una presenza, di ascolto."
E io felice mi sentirò utile per te, come avrei voluto che qualcuno lo facesse per me.
Ma nell'attesa che arrivi quel qualcuno per me, io tento di salvare te.
La solidarietà non è sempre "il fare", ma anche solo "il tentare".
Si tenta di aiutare, impegnandosi a forzare le sbarre della gabbia in cui si è chiusi, facendo spazio per poi passarci in mezzo. Dall'altra parte c'è la salvezza, la cura, occhi umidi solo per la felicità,
bocca che torna ad indossare un sorriso, cuori che risentono il battito dell'amore.
A volte pur nei periodi di persistente malinconia
piccoli attimi sinceri riescono a dare momenti di felicità.