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Il magico Mosè

3 partecipanti

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1Il magico Mosè Empty Il magico Mosè Mer Set 22, 2021 12:05 pm

Licia

Licia
Mamma Orsa
Mamma Orsa

IL MAGICO MOSE’

Anche quella volta il Gran Capo aveva detto : “No! Un gatto mai! Non fino a che io sarò vivo!”
Tutto uguale come quando prendemmo i criceti, e poi quell’altra volta delle tartarughe.
Infatti, “noi” non facemmo una piega.
“Noi” siamo : io (una dolce e remissiva signora di mezza età), mia figlia A. (una dura dalle idee chiare), mio figlio T. (animalista, ecologista, pacifista fin dalla più tenera età) mia figlia N. ( una che da bambina sgranocchiava noccioline mentre, nel televisore, le case crollavano sotto le bombe, ma allagava il soggiorno con le sue lacrime se un povero topolino finiva sotto le grinfie di un gattaccio o se un dolce gattino veniva raggiunto da un cagnaccio cattivo o se un omaccio ancora più cattivo prendeva a calci un povero cagnolino).
Tanto per dire i tipi.
Non facemmo una piega dunque, e io dissi alla mia collega Annalisa che l’avrei aiutata a risolvere il suo problema.
Lei, a sua volta, tutta rincuorata, disse alla sua portinaia che poteva stare tranquilla per i nascituri che erano tutti in via di sistemazione. La portinaia era alquanto inferocita verso Annalisa che sette mesi prima le aveva regalato un gattino maschio “garantito” che poi, bighellonando nel cortile, era rimasto incinto mettendola non poco nei guai. Così le rispose che lei era tranquillissima poiché, per fortuna, abitavano vicino al fiume e avrebbero fatto tutti un bel bagnetto senza costume e senza salvagente. E aveva riso, contenta di essere spiritosa.
“Non sia mai!” disse Annalisa, “mi dia un po’ di tempo e vedrà che li collochiamo tutti.”
Non so che fine abbiano fatto gli altri e, per precauzione, non ho neppure chiesto, ma uno almeno si salvò dalle acque e lo chiamammo Mosè.
Dissi a mio marito che si trattava di un piccolo week end che gli offrivamo prima che…
“Prima che cosa?” chiese lui, più sospettoso che curioso.
“Niente, niente, non ti voglio addolorare” feci con una voce di amara ironia che voleva significare come lui fosse un mostro.
Il gatto era stupendo e “noi” ci prendemmo rapidamente una “cotta” collettiva. Stavamo in adorazione della creaturina da mane a sera, lanciando sguardi carichi di rimprovero a quell’uomo insensibile che, peraltro, girava intorno al piccolo presepe famigliare, con un’aria sempre più rassegnata.
La Domenica sera eravamo pronti per la recita.
“Allora, se hai questo coraggio…” iniziai io, con il cestino di vimini in mano, come se stessi per uscire con la morte nel cuore.
“Papà, papà ti prego” disse la più piccola abbracciandogli le ginocchia.
“Vuoi assumerti questa responsabilità?” disse la maggiore, con voce dura.
“Ti porterai sempre questo rimorso” disse l’ecologo moralista in erba.
Lui ci guardò con l’aria disperata di uno che affoga mentre nessuno lo aiuta.
“E va bene! Peggio per voi. Ve lo siete voluto e ve lo terrete. Ma non venite a piangere da me!” e alzò dritto nell’aria l’indice minaccioso da vero dittatore qual era e quale è.
Quella sera i nostri vicini di casa pensarono che fosse scoppiata la guerra o qualcosa del genere, per le urla di festeggiamento che ci furono (naturalmente era tutta una pantomima perché nessuno di noi aveva mai seriamente dubitato dell’esito dell’operazione “gatto” ma bisognava pur salvare il “suo” orgoglio!
***
Se qualcuno di noi aveva pensato di fare di Mosè il suo bambolino da vezzeggiare, certo aveva sbagliato soggetto. Perché la piccola adorabile creatura “tirava” più alla tigre che al bambolino.
Lo nutrimmo a latte per pochi giorni, poi passammo agli omogenizzati. Pareva sempre affamato e insoddisfatto, come se non fosse roba per lui. Quando passammo ai tocchetti di carne cotta, sembrò gradire il cambiamento. Ma la vera svolta, nella sua alimentazione e nella sua posizione in famiglia, avvenne con l’introduzione del polmone. Un giorno avevo tra le mani un grosso pezzo di quella carne sanguinolenta e schifosa e l’intenzione era di tagliarlo a pezzettini adeguati alla stazza giovanile del micino che sarebbero dovuti cadere nella ciotola. Ma il “micino” con un balzo improvviso e rapidissimo affondò gli unghioli nella spugna rosa e la trasse a sé proteggendola poi con aria minacciosa dai miei tentativi di recuperarla. Mortificata, stupita e rabbiosa, gli detti una sberletta sul muso a scopo educativo e mi rimediai un’artigliata che mi lasciò a lungo sul braccio tre fili rossi. Gli cedetti il bottino di guerra riconoscendo che era lui il più forte tra noi due.
Da allora imparai a trattarlo con maggiore rispetto e prudenza. Per un po’, anzi, mi tenni sulle mie, pensando che forse non avevamo fatto un buon affare a prenderlo con noi. Avevo sognato rapporti più idilliaci e, inoltre, mi aspettavo da parte sua quantomeno un po’ di riconoscenza per averlo scampato dalle acque del fiume. Ma, con il tempo, io e noi tutti imparammo a stimarlo proprio per quella sua fierezza direi regale. Quanto alla riconoscenza, beh, a prescindere dal fatto che lui non poteva essere al corrente dei loschi progetti della portinaia, forse si sarebbe aspettato, a buona ragione, una vita più consona alla sua natura. Sicuramente avrebbe preferito arrampicarsi su dei veri alberi con la corteccia ruvida e odorosa di muschio e da lì tendere agguati agli uccelli e inseguire topi nelle cantine, corteggiare le “squinzie” sexi del quartiere e fare a botte con gli altri maschi.
Di tutto questo forse sognava quando lo vedevamo sonnecchiare, con gli occhi semichiusi, alla misera ombra delle piante stentarelle, soffocate in vasi di terracotta o quando guardava nostalgico gli uccelli neri che sfrecciavano nel cielo, facendogli il solletico agli artigli.
Per ricavare dalla vita la piccola quota di felicità che gli spettava, si dovette adattare a noi e alla nostra casa. Si arrampicava agile sui mobili più alti, lanciandosi nel vuoto da un armadio all’altro; si inventava tane nei luoghi più nascosti e, a volte, non lo si trovava per giornate intere e poi usciva da qualche cassetto magari con un paio di mutande in testa; ci tendeva agguati, emergendo all’improvviso come una freccia giallo-tigrato, da un angolo buio, spaventandosi poi lui stesso, povero scioccone, per le nostre grida di paura. Alla sera, nove in punto, gli pigliava la “mattana”: una specie di allegria parossistica che lo faceva girare in tondo come se inseguisse un’invisibile preda. Poi si accovacciava sul tavolo, di fronte al televisore, voltato però verso di noi e da lì ci guardava intensamente, immobile come una stupenda statua dagli occhi gialli. Non so perché ma quel suo sguardo indefinibile mi commuoveva più degli strusciamenti sulle gambe che ogni tanto ci elargiva come un qualsiasi altro gatto bonaccione. Mi pareva che in quell’ora serale, nella quale eravamo tutti riuniti per il rito televisivo, lui stabilisse un contatto con noi. Era quello forse il suo modo di amarci: da lontano, dai recessi profondi della sua anima felina. E noi ci accontentammo di godercelo così come era senza oltrepassare i confini che ci poneva.
Verso la metà della sua vita gli tirammo un bidone indegno del nostro amore per lui, oltre che di ogni minimo buon senso.
Fu quando mio marito disse: “un cane, mai!”
Gli portammo a casa un cucciolo di pastore tedesco di due mesi: creatura semplicemente divina. Dirò, a nostra parziale discolpa, che eravamo convinti di fargli una bella sorpresa. Avevamo visto tante foto di gatti e cani che si dividevano simpaticamente il cibo nella stessa ciotola o che dormivano graziosamente abbracciati nella stessa cuccia. Ma Mosè la prese al tragico e non ci perdonò mai l’affronto. Per tre giorni restò arroccato sulle sue posizioni di montagna. Poi l’istinto di conservazione, stuzzicato dagli odorini di cucina, lo fece scendere a valle ma tutto il suo atteggiamento significava profondo sdegno.
Con il cane non volle mai affiatarsi. Lo teneva a distanza gonfiandosi come una mongolfiera, estraendo dalle zampe vellutate certi artigliacci insospettabili in un comune gatto di città ed emettendo suoni a note basse che avrebbero fatto paura anche a una pantera.
Il nostro ecologo in erba prese subito le sue parti e, fosse stato per lui, avrebbe rispedito all’allevamento il cucciolo adorabile con tanti ringraziamenti e saluti. Riteneva che il nostro gatto avesse ogni diritto di sentirsi offeso per l’indebita intrusione di un estraneo nel proprio territorio. Però rimase in minoranza in quanto ormai la nuova creaturina aveva conquistato il cuore di ognuno di noi.
Ci avviammo così, tutti insieme verso una convivenza non facile, mentre la nostra casa perdeva sempre più l’aspetto di un luogo abitabile per persone civili, con le belle tende di pizzo sfregiate, il divano in pelle ridotto a un colabrodo e il tappeto persiano squalificato. Gli amici cominciarono a disertarci mente mio marito si aggirava torvo tra le macerie, biascicando tra i denti: “ve l’avevo detto: non venite a piangere da me!”
Il mio gatto morì a tredici anni, a seguito di quel male di cui si dice “che non perdona”. Morì circondato dalla sua famiglia, come tutti coloro che sono stati molto amati.
Io e mio figlio lo seppellimmo insieme in un boschetto vicino alle radici di un albero frondoso, affinché il suo corpo, disfacendosi, ritornasse nel grande circolo della vita.
Quel che avevamo in cuore lo sanno bene tutti coloro che hanno amato una di queste nobili, magiche creature che insegnano all’uomo la dignità del vivere.

A Genoveffa Frau piace questo messaggio.

2Il magico Mosè Empty Re: Il magico Mosè Mer Set 22, 2021 6:28 pm

Genoveffa Frau

Genoveffa Frau
Master of Horse
Master of Horse

I gatti sono creature meravigliose e riescono presto a far parte della famiglia, me ne ha portato una mia sorella e gli voglio un bene dell'anima ma la tengo in cortile assieme al cagnolino e sono riuscita dopo due settimane di sguardi di sfida di entrambi a farli socializzare ora giocano insieme ed è splendido vederli insieme, non è poi cosi difficile amarli e lasciano il segno se ci vengono a mancare. Bellissimo ricordo questo tuo, grazie per averlo pubblicato.

3Il magico Mosè Empty Re: Il magico Mosè Mer Set 22, 2021 10:45 pm

Giancarlo Gravili

Giancarlo Gravili
Admin Master & Commander
Admin Master & Commander

Commuove la vita... Sempre in ogni suo aspetto e riviverla ci rende partecipi del miracolo esistenziale.
Mosè è l'esempio di quanto ogni anima?sia legata a un 'altra. Che bello ricordare la vita passata e tutto il suo vissuto!

https://thejarofpoetry.forumattivo.com

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