Il treno delle venti e trenta era appena partito e l'uomo stanco si era appisolato.
Strani incubi visitavano la sua mente e il corpo sussultava preda di angoscianti visioni.
Lo sferragliare sulle vecchie rotaie non lo disturbava quanto le orride sensazione che viveva nei suoi sogni che lo facevano sobbalzare come chi soffre di crisi epilettiche.
Un fischio prolungato lo destò interrompendo quel sonno agitato.
Era arrivato a destinazione, erano trascorsi due giorni da quando era partito da quella maledetta città che odiava, odiava tutti coloro che lo avevano deriso da quando si era separato da quella troia che aveva sposato.
Era andato via da casa lasciandola in lacrime, chiedeva perdono, si sentiva sola e si faceva trombare dal compare di nozze.
Maledetti, maledetti tutti, non sarebbe tornato indietro, non poteva perdonare quell'affronto.
Scese dal treno con una sete tremenda, non aveva fame, solo una gran voglia di bere.
Non aveva idea di dove si trovasse, aveva preso diversi treni, voleva allontanarsi da tutto e tutti, dimenticare.
Aveva ragione sua madre, non volle darle ascolto quando gli disse di non sposare quella donna, abbagliato dalla sua bellezza e accecato dal desiderio l'aveva sposata dopo appena tre mesi di frequentazione.
Se la mamma fosse stata ancora viva lo avrebbe confortato, ma era morta pochi mesi dopo il suo matrimonio e oggi comprendeva la sua saggezza, lui da coglione aveva dato retta alle lusinghe della maledetta e aveva abboccato come un pesce all'amo, ben nascosto dalla stuzzicante
esca.
Stava albeggiando e un aroma di caffè lo indirizzò al bar della stazione.
Non era sceso nessun altro passeggero dal treno e il bar era deserto, solo un vecchio dietro al bancone lo fissava con due occhi strabici, uno guardava a sinistra e l'altro restava fisso come una pallina con un punto nero al centro.
-Desidera un caffè? - chiese il vecchio
-Mi dia una bottiglia di Wisky, ho bisogno di bere, ho tanta sete- rispose Mimmo.
Si chiamava Domenico ma tutti lo chiamavano Mimmo.
Trascorse tutta la giornata al bar della stazione e con la mente annebbiata dall'alcool decise di rientrare a casa, non ricordava neppure per quale motivo si era allontanato e non sapeva dove andare.
A metà mattina mezzo sobrio, riprese il treno, dovette cambiarlo più volte e ogni volta che faceva soste, al cambio treno beveva alcoolici, mangiando solo qualche pasticcino, i morsi della fame cominciavano a farsi sentire e la sbornia aumentava, tra sprazzi di lucidità giunse a destinazione.
Era tornato nella sua città, a casa.
Qualcosa di strano stava accadendo, centinaia di persone nonostante l'ora tarda si muovevano in più direzioni con delle grosse pile, c'erano anche i carabinieri, cosa stava succedendo? Pareva cercassero qualcosa o qualcuno e si unì al gruppo.
Stordito e barcollante si ritrovò in mezzo a tutta quella gente che chiamava : Domenicoooo, Domenicoooo.
Anche lui urlò quel nome, aveva un qualcosa di familiare.
Era scomparso un uomo di mezza età di nome Domenico, si temeva per la sua vita, mancava da cinque giorni e la moglie aveva presentato denuncia di scomparsa.
L'aria fresca della notte aveva contribuito a far passare la sbornia a Mimmo.
-Mimmooo, Mimoooo-
-Eccomi, chi mi chiama!-
-Accidenti Mimmo, sei tu ma... dove ti eri cacciato, ti stiamo cercando da ore, pensavamo fossi morto, manchi da giorni e tua moglie è disperata, povera donna-
-Accidenti stavo cercando me stesso e non me ne sono accorto, devo essere ubriaco-
Un urlo di gioia si levò dalla folla appena si diffuse la notizia del ritrovamento.
Venne organizzata una grande festa, Mimmo dimenticò le corna e si ritrovò con tanti amici, una moglie premurosa e un bimbo in arrivo.
Genoveffa Frau opere2021
Strani incubi visitavano la sua mente e il corpo sussultava preda di angoscianti visioni.
Lo sferragliare sulle vecchie rotaie non lo disturbava quanto le orride sensazione che viveva nei suoi sogni che lo facevano sobbalzare come chi soffre di crisi epilettiche.
Un fischio prolungato lo destò interrompendo quel sonno agitato.
Era arrivato a destinazione, erano trascorsi due giorni da quando era partito da quella maledetta città che odiava, odiava tutti coloro che lo avevano deriso da quando si era separato da quella troia che aveva sposato.
Era andato via da casa lasciandola in lacrime, chiedeva perdono, si sentiva sola e si faceva trombare dal compare di nozze.
Maledetti, maledetti tutti, non sarebbe tornato indietro, non poteva perdonare quell'affronto.
Scese dal treno con una sete tremenda, non aveva fame, solo una gran voglia di bere.
Non aveva idea di dove si trovasse, aveva preso diversi treni, voleva allontanarsi da tutto e tutti, dimenticare.
Aveva ragione sua madre, non volle darle ascolto quando gli disse di non sposare quella donna, abbagliato dalla sua bellezza e accecato dal desiderio l'aveva sposata dopo appena tre mesi di frequentazione.
Se la mamma fosse stata ancora viva lo avrebbe confortato, ma era morta pochi mesi dopo il suo matrimonio e oggi comprendeva la sua saggezza, lui da coglione aveva dato retta alle lusinghe della maledetta e aveva abboccato come un pesce all'amo, ben nascosto dalla stuzzicante
esca.
Stava albeggiando e un aroma di caffè lo indirizzò al bar della stazione.
Non era sceso nessun altro passeggero dal treno e il bar era deserto, solo un vecchio dietro al bancone lo fissava con due occhi strabici, uno guardava a sinistra e l'altro restava fisso come una pallina con un punto nero al centro.
-Desidera un caffè? - chiese il vecchio
-Mi dia una bottiglia di Wisky, ho bisogno di bere, ho tanta sete- rispose Mimmo.
Si chiamava Domenico ma tutti lo chiamavano Mimmo.
Trascorse tutta la giornata al bar della stazione e con la mente annebbiata dall'alcool decise di rientrare a casa, non ricordava neppure per quale motivo si era allontanato e non sapeva dove andare.
A metà mattina mezzo sobrio, riprese il treno, dovette cambiarlo più volte e ogni volta che faceva soste, al cambio treno beveva alcoolici, mangiando solo qualche pasticcino, i morsi della fame cominciavano a farsi sentire e la sbornia aumentava, tra sprazzi di lucidità giunse a destinazione.
Era tornato nella sua città, a casa.
Qualcosa di strano stava accadendo, centinaia di persone nonostante l'ora tarda si muovevano in più direzioni con delle grosse pile, c'erano anche i carabinieri, cosa stava succedendo? Pareva cercassero qualcosa o qualcuno e si unì al gruppo.
Stordito e barcollante si ritrovò in mezzo a tutta quella gente che chiamava : Domenicoooo, Domenicoooo.
Anche lui urlò quel nome, aveva un qualcosa di familiare.
Era scomparso un uomo di mezza età di nome Domenico, si temeva per la sua vita, mancava da cinque giorni e la moglie aveva presentato denuncia di scomparsa.
L'aria fresca della notte aveva contribuito a far passare la sbornia a Mimmo.
-Mimmooo, Mimoooo-
-Eccomi, chi mi chiama!-
-Accidenti Mimmo, sei tu ma... dove ti eri cacciato, ti stiamo cercando da ore, pensavamo fossi morto, manchi da giorni e tua moglie è disperata, povera donna-
-Accidenti stavo cercando me stesso e non me ne sono accorto, devo essere ubriaco-
Un urlo di gioia si levò dalla folla appena si diffuse la notizia del ritrovamento.
Venne organizzata una grande festa, Mimmo dimenticò le corna e si ritrovò con tanti amici, una moglie premurosa e un bimbo in arrivo.
Genoveffa Frau opere2021