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Vigilia...

3 partecipanti

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1Vigilia... Empty Vigilia... Mer Ott 06, 2021 6:26 pm

Licia

Licia
Mamma Orsa
Mamma Orsa

VIGILIA


La stanza dell’Ospedale era a due letti: un privilegio dovuto all’intervento di amici intrallazzati con i pezzi grossi della Direzione. Era una stanza piccola, quadrata, provvista solo dell’essenziale: due lettucci bianchi, due comodini, due armadietti in ferro verniciato, con qualche scrostatura. Era situata in fondo al corridoio perché non vi arrivassero le voci della vita ospedaliera. Infatti era, di solito, riservata alle malate più gravi che spesso vi morivano.
Quel silenzio, aveva qualcosa di funereo ed alimentava i suoi presentimenti e le paure.
Era stata ricoverata una sola volta in vita sua ma in ben altre circostanze: era andata a partorire la sua bambina in una clinica privata,tanti anni prima.
Ne aveva un ricordo come di sogno. Cancellate le ore buie e dolorose del travaglio e del parto, la memoria tratteneva tutto il resto; ed era uno scrigno di gioielli preziosi: l’arrivo nella hall che pareva un giardino, con piante alte fino al soffitto, la mano in mano a suo marito; il suo ginecologo, premuroso, che faceva strada; l’infermiera, gentilissima, che l’aveva aiutata a sistemarsi nella stanza che guardava sul giardino; l’arrivo della mamma, con il viso contratto per l’emozione: “Coraggio, tesoro, non aver paura che ti sono vicina” “Paura? No, sono felice, tra poco conoscerò il mio bambino”.
Poi, le doglie distanziate, controllate all’orologio dalla mamma. Poi.....il primo pianto della sua bambina insieme alla voce festosa del ginecologo: “E’ femmina , è bellissima!”
Poi, le lacrime di gioia. Poi l’uscita dalla sala parto, sul lettino con le ruote, e i visi felici della mamma e del marito: “Come sei stata brava! Hai fatto così presto! “
E la stanza piena di cestini di fiori ed il mazzo di rose rosse di suo marito. E il corteo dei parenti e degli amici, tutti a fare festa e a portare doni.
E il suo fiorellino di carne rosa e tiepida, vicino a lei nella culla o attaccata alla mammella gonfia....E le ninnananne improvvisate, così su due piedi, da una mamma ancora un po' bambina.
E poi, il giorno della dimissione: lo sguardo compiaciuto, attraverso alla specchiera dell’armadio, alla linea ritrovata dopo nove mesi di pancione, e la sfilata delle infermiere, in attesa della cospicua mancia: “Auguri signora! L’aspettiamo l’anno prossimo...” E poi, via con il fagottello tra le braccia....
Quei ricordi lieti rendevano più doloroso il momento attuale.
Per distrarsi, appoggiò la valigia sul letto e ne tolse la camicia, la vestaglia, le pantofole, gli oggetti da toilette, un paio di riviste; altro non serviva: già l’indomani avrebbe avuto il camicione degli operati sul corpo martoriato.
Era entrata con tutti gli esami pronti perché il suo era un caso urgente: uno di quei tumori, dicevano, che possono combinare degli sconquassi se non si interviene subito. Cercava di non pensare a quella “cosa,” annidata nelle sue viscere, quella cosa che cresceva, di giorno, in giorno, come un animale nutrito del suo stesso sangue. Il desiderio di liberarsene era più forte della paura dei ferri chirurgici.
C’era da impazzire. Aveva fatto tutto in fretta, secondo le indicazioni del suo medico. Dieci giorni di ritmo forsennato: visite specialistiche, ecografie, prelievi, timbri,autorizzazioni, file agli sportelli, sfibranti attese nelle sale d’aspetto degli ambulatori. E poi, a casa, predisporre tutto per un’assenza di lunghezza indeterminata.
“Ma quanto tempo, mamma, starai via?” Aveva chiesto sua figlia, quindicenne smarrita, a cui toccava diventare grande, all’improvviso.
Cosa rispondere? Forse per sempre? Forse io in quella camera operatoria ci resto?
Ne aveva conosciuta di gente rimasta sotto i ferri, non più risvegliata dall’anestesia! E di altra “aperta e chiusa” Questa era la formula per significare che un tumore era inestirpabile. Voleva dire: “Troppo tardi, cari miei, bisognava accorgersene prima”
Per altro, c’era gente invece uscita dopo pochi giorni, con il passaporto per la vita e per la felicità, con il tumore schiacciato come un ragno schifoso, reso innocuo e buttato tra i rifiuti.
E c’era altra gente che, dopo l’operazione, era stata trattenuta per lunghi mesi di cure estenuanti perché il tumore c’era e non c’era: asportato sì ma aveva lasciato la sua ombra malefica o i suoi semi di morte che volevano rifiorire altrove.
E lei ,tra quali compagni avrebbe mosso i suoi prossimi passi? Sarebbe stata tra i vivi, tra i mezzi vivi, o tra i morti?
Dal letto vicino, occupato da una donna anziana, si alzò un lamento flebile, quasi un sospiro proveniente dall’al di là.
Non poté fare a meno di lanciare uno sguardo verso ciò che si era ripromessa d’ignorare.
La donna la guardava, implorando quell’aiuto che nessuno poteva più darle. Le si avvicinò e le pose una mano sulla fronte gelata: “Coraggio, signora, dai che ce la facciamo ad uscire di qui”
Sentì l’ipocrisia di assimilare quel povero relitto alle sue speranze. Poi pensò, un po’ cattiva,: “Ma tu, in fondo, hai vissuto. Prima o poi bisogna pur morire. Ma io ho quarantatré anni. Scusami, ma non è la stessa cosa. Se io muoio, lascio una famiglia in disperazione.....”
Bussarono alla porta, discretamente. Al suo “Avanti!” entrò un vecchietto timido e gentile e andò a sedersi vicino al letto della moglie, dopo un segno di saluto a lei. Aveva quell’aria trascurata di tutti i vecchietti non più accuditi da una donna: una barba non rasata di recente, una camicia dal colletto sporco, una giacca macchiata in più punti, pantaloni che non conoscevano ferro da stiro, scarpe inzaccherate. Sembrava uno che si fosse perduto in un paese lontano dalla sua casa.
La pietà, negata alla moribonda, le salì al cuore per il marito. Lui colse il suo sguardo di simpatia e gli spuntarono le lacrime. “E’ grave” disse , a bassa voce.
“Lo vedo”
E’ tanto buona, sa, non si lamenta mai”
“Si deve essere davvero buona”
Entrò un’infermiera con i termometri e l’apparecchio della pressione. E poi entrò l’anestesista che le fece molte domande. Avrebbe voluto interrogarlo sui particolari dell’intervento ma poi non lo fece. Non le reggeva il cuore a pensarci. Se immaginava se stessa su quel lettino, nuda, con la pancia spalmata di tintura di Iodio, con la lampada puntata contro, circondata da quegli esseri inquietanti che avevano occhi di ghiaccio, al di sopra della mascherina verde, e che tenevano in pugno la sua vita, le veniva voglia di scappare subito e succedesse quel che doveva succedere.....
Si affacciò alla finestra che dava sul parco: gli alberi cominciavano a spogliarsi; stette a guardare i volteggi che facevano le foglie gialle nell’aria, prima di accartocciarsi al suolo.
“Da quanto tempo” pensò “non guardo più le foglie cadere! Si è sempre così presi! La vita passa in un lampo. Chissà se vedrò le foglie rinascere la prossima primavera?”
Le era insopportabile il pensiero che avrebbe potuto non esserci più.
“Eppure” pensò “la natura accetta le regole. E’ tutto un nascere ed un morire. L’uomo, invece, vuole essere immortale. Perché? Perché c’è in noi questo orrore per la morte?
Un tempo era stata credente. Poi, poco a poco, aveva seguito l’andazzo generale e, semplicemente, non aveva più pensato alle cose dell’’al di là. Dio, Gesù Cristo, la Madonna, i Santi, la Chiesa, quanto c’era di vero? Sarebbe stato il momento buono per ripensarci.
Per combinazione, proprio in quel momento, arrivò il prete con un taccuino su cui segnava il nome di chi voleva la Comunione, il giorno dopo, al mattino presto.
Le sarebbe piaciuto parlare con lui dei suoi problemi, essere rassicurata sull’al di là. Ma lui sembrava andare di fretta e aveva un’aria così professionale! Gli interessavano i “ si” e i “no” decisi. Per i “ni” i “non so” i “mi piacerebbe ma..” non c’era sufficiente tempo.
Ed ecco come, in questa circostanza, si perse un’occasione di portare un’anima a Dio perché, nell’incertezza, lei rispose: “no”.
Poi, però, rimase ancora più angustiata, col cuore stretto in una morsa. Le pareva come se Dio le avesse teso una mano e lei Gli avesse sbattuto una porta in faccia.
Senza chiedersi se fosse sicura o no della sua esistenza, Gli disse: “Non mi merito nulla, lo so, ma se puoi fare qualche cosa, fallo per mio marito e per la mia bambina”
Si buttò sul letto e cercò di addormentarsi, aspettando l’ora di visita dei parenti.
Quando arrivarono i suoi, si era calmata. Riuscì a scherzare con loro, come se il pensiero della morte neppure la sfiorasse. Erano già tanto preoccupati, poverini!
“Domani a quest’ora, sarà tutto finito. Mi troverete un po’ pallida, magari mi lamenterò, ma non ci badate. Andrà tutto bene.”
“Sì, andrà tutto bene” dissero anche loro, prima uno e poi l’altra, al momento del congedo.
E così si lasciarono.
Lei li seguì, con gli occhi, per tutto il corridoio e le venne da piangere per il bene che sentiva dentro per loro e per la paura di doverli abbandonare.
Scese la sera. Nel grande ospedale si accesero le luci.
La strapparono dai suoi pensieri due infermiere che la sottoposero all’umiliazione del clistere.
Poi arrivò la notte che comincia presto negli ospedali.
Fu un lungo incubo buio. Di tanto in tanto, entravano le infermiere per dare un’occhiata alla paziente grave. Accendevano una luce azzurra che tingeva la stanza di un colore irreale.
Verso mattina, il sonno ebbe pietà di lei e l’accolse nel suo grembo.
Fu risvegliata da un suono di rotelle.
“Su, signora, andiamo. E’ la prima: vede che è fortunata?”
La sua paura non fece tempo a riorganizzarsi.
“Conti fino a dieci” le disse l’anestesista, con la siringa infilata nella vena.

2Vigilia... Empty Re: Vigilia... Gio Ott 07, 2021 11:38 am

Genoveffa Frau

Genoveffa Frau
Master of Horse
Master of Horse

La vigilia ospedaliera in attesa di un intervento conduce a profonde riflessioni e ci si incoraggia osservando chi sta peggio di noi e non lasciando trapelare i timori ai nostri cari.
Si stilla un bilancio della propria esistenza e ci si accorge che ci sono tante cose ancora da compiere e da scoprire.
Racconto molto bello e minuziosamente particolareggiato, mi ci sono trovata dentro!

A Licia piace questo messaggio.

3Vigilia... Empty Re: Vigilia... Gio Ott 07, 2021 12:37 pm

Licia

Licia
Mamma Orsa
Mamma Orsa

Hai colto tutto quello che voleva significare. Brava!

4Vigilia... Empty Re: Vigilia... Gio Ott 07, 2021 12:46 pm

Giancarlo Gravili

Giancarlo Gravili
Admin Master & Commander
Admin Master & Commander

Potremmo intitolare i due pezzi del racconto "momenti"...
la vita viene dipinta e ritratta prima nei momenti forti, dolorosi e gioiosi pieni d'esplosioni di vita e che vita. La nascita esposta nel racconto tra particolari di contorno e verità preziose che ci donano tutto il sapore d'essere mamma...
Ma la vita continua e i figli crescono e la vita ci impone altri stop o traguardi da raggiungere diversi per ognuno. La malattia vissuta in parallelo con lo "stesso lettino" d'ospedale che sembra volerci indicare di quanto labile sia la linea che dobbiamo seguire ogni giorno. E quella linea va vissuta con dignità e paura e ogni altro istinto primordiale che prevale negli istanti delle incertezze. Particolare "pietà" suscita la figura del marito della signora anziana e in questa immagine abbiamo tutto il valore umano dei sentimenti e il concetto che non esiste età per avere dignità.
L'ultimo e importantissimo aspetto e l'affrontare il proprio destino nudi e senza protezioni perché la vita impone così, così come impone di chiudere gli occhi affidarsi a quella speranza cristiana che sottende ogni rigo del racconto e che l'autrice regala quasi di nascosto al lettore per rendere il senso ancora più pregnante.

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