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Di agnelli e di bimbi

2 partecipanti

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1Di agnelli e di bimbi Empty Di agnelli e di bimbi Sab Feb 20, 2021 9:19 am

Licia

Licia
Mamma Orsa
Mamma Orsa

L’AGNELLO

Quell’anno la signora Marta non voleva vendere l’agnello.
La sua unica pecora era ormai vecchia, stanca e puzzava tremendamente di letame.
Bisognava spingerla con un bastone fino al prato affinché si potesse nutrire con un po’ d’erba fresca. Ma pareva che il sole le desse fastidio perché, dopo avere spiluccato qualche filo d’erba, trotterellava verso la stalla con maggiore entusiasmo di quando ne era uscita.
Pareva che sopravvivesse solo per nutrire l’agnello che era nato a fatica, con l’aiuto del veterinario ed era rimasto gracile e macilento, sempre attaccato alle poppe avvizzite della povera madre.
Certi scrupoli sentimentali la Marta non se li era mai fatti prima. Gli scrupoli e i sentimentalismi sono un lusso per signori. I contadini sono pratici: gli animali sono carne, merce di scambio per i libri di scuola e i pantaloni dei figli. Finché sono vivi si può essere gentili e perfino amarli, ma il macello è il loro destino come il cimitero è il destino dell’uomo.
Però a lei, vecchia zitella di quarant’anni, proprio in quell’anno, era successo un fatto imprevisto e pure increscioso. Si era ritrovata incinta. Lei vergine, lei casta, lei solitaria, lei timida. Nella strada tra la chiesa alla cascina, un uomo che non era del paese, l’aveva avvicinata per chiederle un’informazione.
Era un giovanotto, poco più di un ragazzo. Aveva un berretto a visiera, pantaloni sgualciti e scarpe da ginnastica. Aveva un odore estraneo, forse da cittadino.
Mai lei aveva provato per un uomo una così subitanea e forte attrazione. Una specie di spada di desiderio le aveva attraversato il corpo. Faceva caldo e si sentiva indebolita come dopo aver bevuto il vino. Aveva sperato che l’uomo se ne andasse subito per potersi dimenticare in fretta della vergogna che provava. Ma lui, di quel turbamento che aveva suscitato nella tardona senza neppure impegnarsi, si beava. Stettero a lungo fermi sul ciglio della strada senza parlare. Se ne avesse avuto la forza, sarebbe scappata volentieri, ma poteva solo raccomandarsi a Dio e guardava lui con occhi imploranti: che la lasciasse stare per carità, lei era una donna per bene e gli aveva dato retta solo per gentilezza e non per attaccare il discorso; e tutto quel rossore sul viso e sul collo e perfino sulle spalle era il calore estivo, l’afa del pomeriggio e anche quell’odore del fieno appena tagliato.
Ma lui pietà non ne aveva neanche un poco. Anzi la guardava con insolenza sentendola in suo potere. E quando la tensione raggiunse il diapason, l’agganciò alla vita e, quasi con furore, la spinse in terra senza che lei opponesse alcuna resistenza.
Dopo si asciugò il sudore, le diede un bacio piccolo d’addio e sparì per sempre dalla sua vita.
Lei, come ebbe recuperato le forze, tornò in chiesa per cercare il suo buon parroco perché le scaricasse dalla coscienza quel po’ po’ di fardello.
Il parroco le diede l’assoluzione raccomandandole che se, per caso fosse rimasta incinta, non aggiungesse peccato a peccato, andando dalla mammana del paese a far quelle brutte pratiche.
Aveva aspettato con ansia il sangue mestruale non riuscendo a capire fino in fondo che cosa veramente desiderasse. Ma poi aveva capito che lei quel figlio di sconosciuto, quel figlio d’amore subitaneo e folle, lo voleva, alla faccia di tutto il paese.
E alla domenica se ne andava in chiesa esibendo la sua pancia progressiva con orgoglio. Che ci si togliesse il pensiero subito. Sì, era incinta. E allora? Qualcuno aveva qualche cosa da dire? Il suo parroco l’aveva perdonata. Che le altre peccatrici del paese andassero dalla mammana, lei il figlio se lo teneva.
E il seme estivo era fiorito in pieno inverno.
Lei e la pecora avevano partorito a distanza di pochi giorni. I vagiti e i belati salivano insieme verso il Cielo nella leggera foschia azzurrina. Quando allattava il suo bambino pensava alla pecora nella stalla. Per entrambe quella era l’ultima volta.
Ecco perché aveva deciso di non vendere l’agnello.
Ma il Venerdì Santo, il macellaio in persona venne a farle visita. Gli altri anni mandava il garzone a fare incetta di agnelli per le cascine già dai primi giorni della Settimana Santa. Ma quel benedetto ragazzo, sempre raffreddato, quest’anno si era preso l’influenza proprio nel momento sbagliato, quando poteva rendersi finalmente utile e guadagnarsi lo stipendio che rubava.
Così il macellaio, senza neppure togliersi il grembiule insanguinato, aveva dovuto chiudere il negozio e fare il giro delle cascine proprio all’ultimo momento, perché la clientela non voleva sentire ragione: una Pasqua senza l’agnello in tavola non era una vera Pasqua.
E così eccolo al cancello con aria frettolosa.
La Marta andò ad aprire con il suo bambino in braccio e la camicetta aperta sul grosso seno da nutrice.
“Quest’anno, niente da fare. Non ci sono agnelli”
“Come niente agnelli?”
“Lei sa che la Bianchina è morta tre Pasque fa e la Nera è troppo anziana”
Il macellaio la guardò incredulo e un poco minaccioso.
“Non mi dirà che non le ha fatto l’agnello, non ci credo”
“L’ha fatto ma è gracile, tutt’ossa. Non ci ricava tre chili di carne. Non vale proprio la pena” E scosse la testa con tristezza.
“Lo lasci dire a me se vale la pena. Non lo compero a peso. Glielo pago come un agnello da 10 chili. Vada a prenderlo che ho fretta”
Pareva un ordine. E il macellaio grande, grosso e avvezzo a maneggiare coltellacci, incuteva soggezione. Inoltre la sua fretta e la sua testardaggine rendevano la transazione molto vantaggiosa: un affare d’oro.
L’istinto di avidità contadina lottò a lungo con il senso di solidarietà e di pena. E la lotta si svolse sotto gli occhi impazienti, stupiti e sprezzanti dell’omaccio che non riusciva a capire il motivo di tanta resistenza.
“E allora?” la sollecitò lui alzando la voce.
Il bimbo, che le stava appoggiato sul seno, scoppiò a piangere spaventato e, per un attimo, a Marta parve come se il macellaio volesse il suo bambino anziché l’agnello.
“No!”, gridò, “non posso. Se ne vada. Ha capito? Via di qui o la faccio inseguire dai cani”
L’uomo stupefatto e offeso si strinse nelle spalle e si allontanò dicendo, a denti stretti, che a quella la maternità aveva dato alla testa.
Marta corse alla stalla, si sedette accanto alla Nera, tirò fuori una poppa turgida e bianca e allattò il suo bambino”

A Genoveffa Frau piace questo messaggio.

2Di agnelli e di bimbi Empty Re: Di agnelli e di bimbi Sab Feb 20, 2021 12:28 pm

Genoveffa Frau

Genoveffa Frau
Master of Horse
Master of Horse

L'istinto materno ha prevalso sull'eventuale vendita della scarna vecchia Nera, non si separa una mamma da un figlio per nessuna ragione al mondo, bellissimo racconto!

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