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Il bambinone

2 partecipanti

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1Il bambinone Empty Il bambinone Gio Feb 25, 2021 4:26 pm

Licia

Licia
Mamma Orsa
Mamma Orsa

BAMBINONE

Arrivavano in spiaggia tutte le mattine verso le nove, quando i sassi non erano ancora roventi, carichi di ogni confort balneare: ombrellone, sedia a sdraio rigata, borsa frigo e un secchiello rosso da bambino.
Lui in effetti aveva tutto del bambino, tranne la statura: due metri circa.
Quando si allungava sul molo, tra corpo e ombra, lo copriva tutto, mentre i granchiolini terrorizzati dal mostro fuggivano a zampe levate, tuffandosi in mare più veloci che potevano.
Lei, sufficientemente vecchia, grassa e brutta da poter essere identificata come sua madre, lo spalmava di crema abbronzante, rigirandolo di qua e di là come se stesse infarinando un pesciolino da frittura; poi, appagata, gli si sedeva accanto spargendo le sue cosce sul cemento caldo e offrendo al sole la faccia beata che diventava, con il passare delle ore, sempre più rossa.
Mi divertiva guardarli dall’acqua nella quale nuotavo con costume succinto, a bracciate lente. Ogni tanto uno spruzzo li colpiva e loro si scuotevano rabbrividendo. Nascondevo il riso tra le onde. Volevo provocarli perché mi infastidiva quella immobilità sonnacchiosa, più adatta ad un mezzogiorno rovente che alla freschezza del mattino. E poi mi seccava che lui non mi guardasse neanche un poco: e che diamine! Non ero una sirena né un’ondina né la nipotina di Venere, forse neppure una bella ragazza, ma ero pur sempre almeno una ragazza! E lui niente! Era un baccalà lunghissimo e rigido, con i piedi da Polifemo. Bianco era. Così bianco che i raggi solari lo schifavano. Il viso però era carino: da putto, rotondo, paffuto, percorso sulla fronte da riccioli chiari. Gli sarebbe stato bene un grembiulino a quadretti azzurri e magari anche un cappellino bianco, stile colonia.
Verso mezzogiorno i due entravano in acqua, ma prima di bagnarsi sostavano a lungo vicino al molo a raccogliere le chioccioline aggrappate ai sassi e ne riempivano il secchiello rosso. Poi si tuffavano emettendo gridolini e sguazzavano nell’acqua più che non nuotassero. Se lui si allontanava anche di poco dalla riva, lei lo richiamava affannata come fanno le mamme quando i bambini sono piccoli e un po’ discoli. Lei usciva per prima per potergli porgere l’accappatoio di spugna. Lo faceva sedere e poi gli asciugava i riccioli con amorosa energia. Gli porgeva un libro e intanto preparava la merenda, trafficando nella borsa frigo. Lui, ogni tanto, posava il libro e con aria assorta, come se non sapesse cosa stesse facendo, prendeva una chiocciolina dal vicino secchiello e la lanciava in mare.
Io, da lontano, silenziosamente, lo insultavo: “assurdo mammone, ma non ti vergogni alla tua età? Quale età poi? Sei un gigante di cinque anni? O sei un precoce-tardivo ragazzino di dodici? O un anomalo ventenne che non è riuscito a crescere tutto insieme corpo e mente? Ma guardati in giro! Ma cercati una ragazza! Fatti una passeggiata sulla spiaggia! O hai paura di ferirti i piedini numero quarantotto? Già, poverino, anche se ci provassi, la mamma ti richiamerebbe indietro….”
Ogni tanto, lui girava la testa verso di me, senza peraltro nessun barlume di interesse maschile. Pareva piuttosto capire o sentire che lo interpellavo con malevola curiosità. Mi sembrava persino che avesse un’aria vagamente colpevole, quasi si volesse scusare ai miei occhi di essere quel pampalugo che era.
Pena, rabbia, ribrezzo, incredulità: i sentimenti si alternavano dentro di me, perforando la leggera noia di quel dolce far niente estivo. Sdraiata su di un fianco, con un braccio al fresco nell’acqua e l’altro sui sassi caldi che tenevo in mano e rilasciavo al ritmo delle onde, mi piaceva fantasticare su quella strana coppia madre-figlio. Benché non parlassero mai, da qualche suono monosillabico secco e gutturale, mi erano parsi stranieri, forse tedeschi. Di quella razza teutonica avevano peraltro la stazza e una ineleganza tipica nei modi, nonché i capelli chiari e gli occhi azzurri. Insomma: sgradevoli. Perché dunque mi interessavano? Possibile che in tutta la spiaggia non ci fosse nulla di più interessante da spiare?
Verso le cinque, chiudevano l’ombrellone e tornavano in acqua, lei sempre color aragosta e lui irrimediabilmente stoccafisso. Qualche volta nuotavano affiancati, senza abbandonare le acque basse come se temessero di affogare.
Quando le loro masserizie rimanevano incustodite, mi veniva spesso la tentazione di andare a curiosare, quasi mi aspettassi la rivelazione di chissà quale segreto. Ma non ebbi mai il coraggio di farlo.
Verso le sei di sera, già asciutti e pettinati, andavano in un boschetto alla spiaggia per cambiarsi. Li seguivo con gli occhi finché sparivano nel folto.
Una sera, non so che demone mi spinse a seguirli di soppiatto, come una ladra o una guardona. Non avevo la minima idea di che cosa mi aspettassi di scoprire. Che altro mistero poteva esserci in loro in più di quello palese, dispiegato al sole, in faccia a tutti: quella assurda infanzia psichica innestata in un corpo adulto e quelle corrispondenti, altrettanto assurde, ridicole premure materne? Camminavo leggera, in punta di piedi, affinché le foglie secche non scricchiolassero sotto il mio peso. Ogni tanto mi fermavo per lasciarli distanziare, senza mai perderli d’occhio. Procedevano appaiati, come sempre, per raggiungere un luogo protetto dall’intrico dei rami e dei cespugli. Sapevo che si sarebbero spogliati, ma non intendevo essere indiscreta fino a quel punto. Appena si fossero fermati, me ne sarei tornata via senza far rumore. Era solo un gioco da ragazzina curiosa quale ero. Un gioco audace, impertinente, parecchio sciocco. O forse, chissà invece, un’innata malizia o un’intuizione, un presentimento … non so …
Ad un tratto, mi arrestai con il cuore in gola a pochi metri da loro, impietrita. Perché la donna, quella brutta, viscida, schifosa donna si era fermata bruscamente, quasi non resistesse a un impulso improvviso. Aveva buttato in terra il mucchietto degli abiti e le scarpe e gli si era aggrappata al collo, facendogli scendere la testa da cherubino fino alla sua bocca, tempestandolo quindi di baci lascivi. Sentivo il suono aspro del suo respiro e mi pareva di vedere colare dalla sua bocca una bava argentea di lumaca.
Non osavo muovermi e fare dietro front e fuggire da quello spettacolo immondo. Ma lui mi vide. I suoi occhi azzurri, rotondi, a biglia, passarono attraverso il mio corpo, attraverso la verzura dei cespugli e degli alberi, attraverso l’orizzonte aranciato del sole al tramonto come se guardassero senza vedere, tesi a raggiungere un punto lontano, all’al di là dell’orizzonte, un limbo dove forse la sua anima si era incagliata prima che il suo corpo cominciasse a vivere.
Quando loro si furono sdraiati tra le foglie e l’erba, io fuggii da quel luogo infernale, correndo come se fossi inseguita. Mi precipitai tra le acque limpide del mare, per ripulirmi da quanto avevo visto. Mi pareva che quella bava di lumaca, più immaginata che vista, mi si fosse appiccicata addosso come colla e che non me ne sarei mai più potuta liberare.
Avevo appena compiuto quattordici anni e la vita aveva ancora tante cose da insegnarmi.

A Genoveffa Frau piace questo messaggio.

2Il bambinone Empty Re: Il bambinone Ven Feb 26, 2021 8:56 pm

Genoveffa Frau

Genoveffa Frau
Master of Horse
Master of Horse

Alquanto curiosa la ragazzina, certamente si è scandalizzata innanzi alla differenza d'età, pensava fosse la mamma invece era molto di più, magari la moglie!

3Il bambinone Empty Re: Il bambinone Sab Feb 27, 2021 6:24 am

Licia

Licia
Mamma Orsa
Mamma Orsa

Le ragazzine di una volta avevano una ben diversa idea del sesso e dell'amore.Quelle di oggi imparano tutto in fretta, non sognano il principe azzurro, ma a sistemare bene il preservativo.Quella poveretta era rimasta scioccata dalla scena. Qui comunque il personaggio principale è il bambinone , probabile giocattolo della tardona.
Il racconto è privo di pietà e anche un po'razzista. Può piacere solo a quelle poche persone che apprezzano il mio particolare stile. Vediamo se , da queste parti, ne gira qualcuna

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