Ho sentito spesso parlare, nei libri o nei film di fantascienza di alieni . Naturalmente non ci ho mi creduto. E’ più fantasia che scienza.
Tuttavia a volte mi sembra come se , in effetti, noi terrestri pur essendo esternamente simili, appartenessimo a luoghi diversi e portassimo dentro di noi la nostalgia per quelle che chiamiamo “anime gemelle” e, non trovandole. avessimo un continuo senso di solitudine che non si placa neppure quando siamo in compagnia.
In realtà, i comuni rapporti umani non ci appagano mai a sufficienza. Possiamo parlarci, abbracciarci, avere ogni tipo di relazione, anche le più intime, ma rimane quel senso di distacco, di impossibilità di unione completa. E’ come se mettessimo a disposizione altrui un arnese, un giocattolo, non so bene come chiamarlo, senza le istruzioni d’uso. Pensiamo di avere dato tutto e non abbiamo dato niente a causa dell’incomunicabilità. E ci rimane la convinzione, insieme alla speranza, che altri umani , chissà dove nascosti, potrebbero avere in mano l’istruzione d’uso o il vocabolario per la nostra lingua. Non so se i pianeti di provenienza siano tanti oppure solo uno; in questo caso lo considererei “il mio” perché forse sono solo io ad avere questo senso di mancanza, di inappagamento.
Quello che non so se sono caduta per sbaglio da là a qua, io sola e quindi non potrò mai incontrare i miei simili che vivono altrove o se siamo in molti e ci stiamo cercando l’un l’altro.
A volte, mi pare , per un attimo, di vedere in certi occhi di gente che incontro per strada, o nel calore di qualche stretta di mano, una specie di barlume di riconoscimento.
Mah! Avevo cominciato col dire che non credo agli alieni e guardate un po’ come mi sono dovuta contraddire!
Tuttavia a volte mi sembra come se , in effetti, noi terrestri pur essendo esternamente simili, appartenessimo a luoghi diversi e portassimo dentro di noi la nostalgia per quelle che chiamiamo “anime gemelle” e, non trovandole. avessimo un continuo senso di solitudine che non si placa neppure quando siamo in compagnia.
In realtà, i comuni rapporti umani non ci appagano mai a sufficienza. Possiamo parlarci, abbracciarci, avere ogni tipo di relazione, anche le più intime, ma rimane quel senso di distacco, di impossibilità di unione completa. E’ come se mettessimo a disposizione altrui un arnese, un giocattolo, non so bene come chiamarlo, senza le istruzioni d’uso. Pensiamo di avere dato tutto e non abbiamo dato niente a causa dell’incomunicabilità. E ci rimane la convinzione, insieme alla speranza, che altri umani , chissà dove nascosti, potrebbero avere in mano l’istruzione d’uso o il vocabolario per la nostra lingua. Non so se i pianeti di provenienza siano tanti oppure solo uno; in questo caso lo considererei “il mio” perché forse sono solo io ad avere questo senso di mancanza, di inappagamento.
Quello che non so se sono caduta per sbaglio da là a qua, io sola e quindi non potrò mai incontrare i miei simili che vivono altrove o se siamo in molti e ci stiamo cercando l’un l’altro.
A volte, mi pare , per un attimo, di vedere in certi occhi di gente che incontro per strada, o nel calore di qualche stretta di mano, una specie di barlume di riconoscimento.
Mah! Avevo cominciato col dire che non credo agli alieni e guardate un po’ come mi sono dovuta contraddire!