Destandosi dal suo tormentato sonno Sinfuth pensò d’aver fatto un brutto sogno ma le urla disumane che provenivano dall’alto della fossa su cui l’avevano imprigionata le fecero comprendere che quell’incubo era reale.
Doveva tenere la mente occupata per non cedere allo sconforto e alla pazzia. Si trovava in un antro tenebroso da cui provenivano strani squittii da ogni dove, ogni piccolo rumore amplificato dal silenzio e dall’oscurità che albergava nella fossa del peccato la faceva rabbrividire.
Era sicuramente l’inferno dei dannati. Eppure, pensava di non meritare quella sorte: non aveva mai osato neppure calpestare una formica quando stanca di stare immersa nella sua laguna, passeggiava nei prati rigogliosi avventurandosi a inseguire farfalle multicolori, conversando con margherite e viole di campo, suoi fiori preferiti, senza aver mai osato reciderli per non vederli soffrire e morire.
Spezzando il silenzio intonò un’accorata nenia pensando alla luce del giorno e ai colori del mondo che le mancavano, pensò alla sua mamma, al calore delle sue braccia , quando ancora piccina la cullava canticchiandole :
“Dormi dormi mia piccina
la notte s’avvicina
scaccerò il diavoletto
in agguato sotto il tetto
ma se dormi nel tuo letto
avrai accanto l’angioletto
dormi dormi mio tesoro
nel sonno troverai ristoro
e al tuo risveglio scoprirai l’oro”.
Un boato tremendo la fece sussultare interrompendo il corso dei suoi pensieri; l’eco della sua voce rimbalzò nel vuoto mentre una luce improvvisa la investiva costringendola a coprirsi gli occhi per non esserne accecata. Cos’altro poteva accaderle?
Continua…
Doveva tenere la mente occupata per non cedere allo sconforto e alla pazzia. Si trovava in un antro tenebroso da cui provenivano strani squittii da ogni dove, ogni piccolo rumore amplificato dal silenzio e dall’oscurità che albergava nella fossa del peccato la faceva rabbrividire.
Era sicuramente l’inferno dei dannati. Eppure, pensava di non meritare quella sorte: non aveva mai osato neppure calpestare una formica quando stanca di stare immersa nella sua laguna, passeggiava nei prati rigogliosi avventurandosi a inseguire farfalle multicolori, conversando con margherite e viole di campo, suoi fiori preferiti, senza aver mai osato reciderli per non vederli soffrire e morire.
Spezzando il silenzio intonò un’accorata nenia pensando alla luce del giorno e ai colori del mondo che le mancavano, pensò alla sua mamma, al calore delle sue braccia , quando ancora piccina la cullava canticchiandole :
“Dormi dormi mia piccina
la notte s’avvicina
scaccerò il diavoletto
in agguato sotto il tetto
ma se dormi nel tuo letto
avrai accanto l’angioletto
dormi dormi mio tesoro
nel sonno troverai ristoro
e al tuo risveglio scoprirai l’oro”.
Un boato tremendo la fece sussultare interrompendo il corso dei suoi pensieri; l’eco della sua voce rimbalzò nel vuoto mentre una luce improvvisa la investiva costringendola a coprirsi gli occhi per non esserne accecata. Cos’altro poteva accaderle?
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