BUONA NOTTE RAGNO
Quando ero giovane, i ragni mi facevano orrore. Io avevo la fobia dei ragni ma anche un po', come si dice, ci marciavo. Era una specie di civetteria che permetteva ai maschi che mi circondavano (padre, fratelli, amici e corteggiatori), di sentirsi i forti e nobili cavalieri che consegnavano alla bella inorridita un cadavere peloso, in punta di scopa.
Ma ora la vecchiaia e la solitudine mi hanno ridotto così male che perfino un ragno è un po’ di compagnia.
La mia è la solitudine peggiore: quella di chi ha avuto e non ha più. E’ come per i ciechi: chi è cieco dalla nascita non sa cosa ha perduto e si adatta facilmente. Così, chi è sempre stato solo si organizza per tempo e la vecchiaia lo trova autonomo e sereno.
Ma io no. Io avevo una casa piena di vita e di baccano. Sembrava un porto di mare la mia casa, dove i marinai (marito, figli, amici, nipoti, cani e gatti) andavano e venivano continuamente. C’era sempre un piatto a tavola per tutti ed un sorriso, una tenerezza, una risata. Tutti venivano perché c’era tanta gente e più venivano e più ce n’era. Perché la gente è così: cerca la gente. Se uno è solo viene sfuggito come la peste.
E, infatti, eccomi qua. Sarei ancora pronta al sorriso, al piatto in tavola e alla risata....seppur sdentata. Ma ormai sono sola. Hanno cominciato ad andarsene ad uno, ad uno, e meno ce n’erano meno ne venivano. Ognuno ha preso la sua strada. Per qualcuno la strada finisce al cimitero. I cani e i gatti sono in giardino, sotto però, sotto la terra.
Così, mi sono ridotta ad apprezzare la compagnia di un ragno. Intendiamoci: non è una vedova nera. E’ un ragnetto di quelli detti “gambalunga”. Se ne sta da mesi su in alto, in un angolo del soffitto. Anche se volessi non lo potrei cacciare perché la mia artrosi cervicale non mi permette di salire su di una scala. Ma già che c’è, me lo tengo di compagnia. Mi illudo che lui sappia chi sono e che, a modo suo, mi voglia bene.
Ogni tanto gli parlo: “Ehi! Lassù, come va? Ti stai fregando qualche zanzara?”
A volte cambia di posto, fa quattro passi, forse per sgranchirsi le zampette o per rammendare la tela sfilacciata. Anche lui non ha una gran vita. Forse per questo lo sento amico. E’ solo come me. Un giorno, è entrato dalla finestra e non se n’è andato più. Alla sera, prima di dormire, gli dico: “Buonanotte ragno”.
E’ poco, lo so. Ma è meglio di niente. Non tutti i vecchi soli possono dormire con un essere vivente.
Quando ero giovane, i ragni mi facevano orrore. Io avevo la fobia dei ragni ma anche un po', come si dice, ci marciavo. Era una specie di civetteria che permetteva ai maschi che mi circondavano (padre, fratelli, amici e corteggiatori), di sentirsi i forti e nobili cavalieri che consegnavano alla bella inorridita un cadavere peloso, in punta di scopa.
Ma ora la vecchiaia e la solitudine mi hanno ridotto così male che perfino un ragno è un po’ di compagnia.
La mia è la solitudine peggiore: quella di chi ha avuto e non ha più. E’ come per i ciechi: chi è cieco dalla nascita non sa cosa ha perduto e si adatta facilmente. Così, chi è sempre stato solo si organizza per tempo e la vecchiaia lo trova autonomo e sereno.
Ma io no. Io avevo una casa piena di vita e di baccano. Sembrava un porto di mare la mia casa, dove i marinai (marito, figli, amici, nipoti, cani e gatti) andavano e venivano continuamente. C’era sempre un piatto a tavola per tutti ed un sorriso, una tenerezza, una risata. Tutti venivano perché c’era tanta gente e più venivano e più ce n’era. Perché la gente è così: cerca la gente. Se uno è solo viene sfuggito come la peste.
E, infatti, eccomi qua. Sarei ancora pronta al sorriso, al piatto in tavola e alla risata....seppur sdentata. Ma ormai sono sola. Hanno cominciato ad andarsene ad uno, ad uno, e meno ce n’erano meno ne venivano. Ognuno ha preso la sua strada. Per qualcuno la strada finisce al cimitero. I cani e i gatti sono in giardino, sotto però, sotto la terra.
Così, mi sono ridotta ad apprezzare la compagnia di un ragno. Intendiamoci: non è una vedova nera. E’ un ragnetto di quelli detti “gambalunga”. Se ne sta da mesi su in alto, in un angolo del soffitto. Anche se volessi non lo potrei cacciare perché la mia artrosi cervicale non mi permette di salire su di una scala. Ma già che c’è, me lo tengo di compagnia. Mi illudo che lui sappia chi sono e che, a modo suo, mi voglia bene.
Ogni tanto gli parlo: “Ehi! Lassù, come va? Ti stai fregando qualche zanzara?”
A volte cambia di posto, fa quattro passi, forse per sgranchirsi le zampette o per rammendare la tela sfilacciata. Anche lui non ha una gran vita. Forse per questo lo sento amico. E’ solo come me. Un giorno, è entrato dalla finestra e non se n’è andato più. Alla sera, prima di dormire, gli dico: “Buonanotte ragno”.
E’ poco, lo so. Ma è meglio di niente. Non tutti i vecchi soli possono dormire con un essere vivente.