Raccontami una storia vera
«Essenza
E senza come faremo
Rompi il noce di cocco
No la noce di cocco
Cocco Bill vuole la mamma, la sua pistola è senza pallottole.»
Cartelle esattoriali corrisposte dall’inferno e un becchino regala becchime per pappa e per galli.
Il pendolo del comune non funziona e il sindaco guarda dalla finestra l’indaco del cielo sperando nella rinascita.
Ma il cucù penzola fuori impiccato all’albero di ciupa ciupa, era stufo d’essere preso per il cù da questa società.
Il perfetto infettato intanto dimanava la lista dei malati e la protezione civilmente faceva la parte propria al posto d’una vile nazione.
Nel web giravano le trottole e i trottolini amorosi desiderosi d’una leccata al cuore.
L’ora legale incombeva sui delinquenti e le pattuglie della polizia aspettavano l’ordine della suprema fiction televisiva per muovere i volanti sull’otto volante della strada.
Otto, gestore fallito d’un bar, con la pistola in mano voleva imitare Cocco Bill ma facendolo non avrebbe potuto sparare un colpo perché non aveva i soldi per la polvere da sparo e l’armeria non gli avrebbe concesso certamente un mutuo per comprare pallottole ben confezionate e questo l’avrebbe anche capito un muto in grado di parlare.
Il presidente del consiglio dei minestroni dipanava bene e dizioni sulle vacanze dei ricchi e invitava tutta la popolazione a sperare nella morte per poter uscire di sera a godere la luce dei lampioni.
Un barbone si grattava i cosiddetti mentre da un locale chiuso un fantasma invocava i ghost busters
per avere qualche nuova emozione.
Un tizio con un bino culo spiava un altro tizio che con il trino culo si vestiva da prelato per farsi due festini sotto il banco del pesce.
E il mondo andava pandemicamente verso l’apocalisse dei popoli e lo faceva a bordo d’un vecchio calesse che portava massimo due occupanti dotati di mascherina rigorosamente da vip, quella che con trenta euro te la sbolognano su internet e ci puoi pure giocare all’uomo ragno.
Anche la rete svolgeva la sua funzione di compagnia tenendo compagnia a chi non né aveva una.
Nella provincia lombarda si respirava finalmente la vecchia aria anni settanta e Seveso pareva resuscitare le scorie radioattive di tutto il mondo che a pensarci bene sarebbe stato meglio averne qualcuna radiopassiva, almeno non si sarebbe dovuto chiamare il mostro di Lochness per respirare a pieni polmoni le stronzate di certi “moni” che vestivano panni pubblici per non calzare i loro sporchi e lerci delle buste riempite di soldi pudici.
Dov’era Noè con la sua Arca dell’Alleanza?
Sbagliato, quello era Mosè che non avendo alleati se ne scelse uno di molto importante e mica era un fesso.
Intanto il capo del governo s’era lesionato un tendine e tendeva a dare le dimissioni e qualcuno ben arrapato per una seduta al barbiere della cameretta lo aveva pregato di non andar via che il suo ex voto lo avrebbe condotto alla porta del giardino dei ciliegi bacati.
«Verme d’un cittadino, mettiti il maschero che m’inquini i polmoni di virus e poi io non posso fare i cazzi miei nelle stanze dei palazzi»
Uno stuolo di pazzi, dopo aver rubato le auto blu, girava in girotondo con un megafono inneggiando al vaffanculizzare salvo poi essere fanculizzati da altri che erano più fanculizzatori di loro.
E Noè che era pure un buon falegname decise allora di costruire un catamarano e di metterci dentro tutte le specie viventi del mondo allora conosciuto comprese anche alcune forniture di mascherine contraffatte provenienti dal golfo del Messico in modo da non spendere troppi soldi che i soldi servono sempre, specie in tempo di crisi.
La visione del catamarano gigante parve una vera visione a certi tipi di poveri che non potendo permettersi di diventare ricchi avevano scelto la via della povertà non per scelta ma per imposizione
cordialmente concessa loro.
Un nuovo rappresentate della cosmica aggregazione aveva, per propria volontà, nominato un anti pappagallo che era però a favore del pappagallo sotto il banco e il sottobanco c’entrava sempre in questi affari di porporati togati.
«Togati?»
I tempi dei togati che rogavano per indurre i bunga bunga a confessare quanti viagra avevano preso per ogni sera di orgiastica predilezione erano giunti alla fine e la nazione tutta aspettava solo l’azione.
Allora dal basso dei suoi poteri l’uomo chiamato primiera e settebello parlò dal palpito del pensiero estremo e promise che entro la fine del mondo tutti avrebbero avuto una dose di cannabis pura in modo da potersi idealizzare su un concetto fumoso di vaccini che avrebbe invertito anche il più incallito pervertito.
«S’aprano i magazzini generali e anche i caporali vengano a galla come pesci e siano schiavizzati liberamente tutti coloro che raccolgono pomodori sotto il sole a quaranta gradi che se non sono quaranta non si può certo procedere a raccogliere un intero campo di quaranta ettari»
La pietà umana stanca di aspettare la fine di ogni pietà pietosamente si ritirò in un convento di non vedenti poco abbienti che almeno avevano ancora i denti per sgranocchiare qualche pannocchia di mais.
«Non sia mai che l’uomo debba essere considerato alla stregua d’un uomo, perché mai dovremmo noi rispettare quest’essere abietto e aduso all’abuso di vessazione nei confronti delle cimici? Esse nulla facevano di male se non offrire una dose di puzzo gratuitamente al primo arrivato al centro vaccinale»
Francamente tutti avremmo potuto infischiarcene della teoria dell’inferno e del caos indotto in Terra e fare la nostra porca vita di consumatori incalliti d’ossigeno e di frequentatori dei salotti natura di madre Greta che se non veniva ella a dirci che cessifichiamo troppo il suolo sacro non ce ne saremmo mai accorti.
Francamente… Certo ma la nostra mente mai fu franca con la sua coscienza e in un porto franco spesso trovammo rifugio per sfuggire alle intemperie dei prepotenti, di coloro che inquinano il mondo per poi poter ricavarne profitto dal ripulirlo.
«Io cittadino di questo porco mondo mi auto sospendo dal diritto di viverci e con mia somma goduria mi confino nella mia stanza, senza un quattrino, senza futuro, con le pezze al culo, ma felice d’avere ancora qualche neurone in testa capace di scrivere questa cazzata di racconto»
«Essenza
E senza come faremo
Rompi il noce di cocco
No la noce di cocco
Cocco Bill vuole la mamma, la sua pistola è senza pallottole.»
Cartelle esattoriali corrisposte dall’inferno e un becchino regala becchime per pappa e per galli.
Il pendolo del comune non funziona e il sindaco guarda dalla finestra l’indaco del cielo sperando nella rinascita.
Ma il cucù penzola fuori impiccato all’albero di ciupa ciupa, era stufo d’essere preso per il cù da questa società.
Il perfetto infettato intanto dimanava la lista dei malati e la protezione civilmente faceva la parte propria al posto d’una vile nazione.
Nel web giravano le trottole e i trottolini amorosi desiderosi d’una leccata al cuore.
L’ora legale incombeva sui delinquenti e le pattuglie della polizia aspettavano l’ordine della suprema fiction televisiva per muovere i volanti sull’otto volante della strada.
Otto, gestore fallito d’un bar, con la pistola in mano voleva imitare Cocco Bill ma facendolo non avrebbe potuto sparare un colpo perché non aveva i soldi per la polvere da sparo e l’armeria non gli avrebbe concesso certamente un mutuo per comprare pallottole ben confezionate e questo l’avrebbe anche capito un muto in grado di parlare.
Il presidente del consiglio dei minestroni dipanava bene e dizioni sulle vacanze dei ricchi e invitava tutta la popolazione a sperare nella morte per poter uscire di sera a godere la luce dei lampioni.
Un barbone si grattava i cosiddetti mentre da un locale chiuso un fantasma invocava i ghost busters
per avere qualche nuova emozione.
Un tizio con un bino culo spiava un altro tizio che con il trino culo si vestiva da prelato per farsi due festini sotto il banco del pesce.
E il mondo andava pandemicamente verso l’apocalisse dei popoli e lo faceva a bordo d’un vecchio calesse che portava massimo due occupanti dotati di mascherina rigorosamente da vip, quella che con trenta euro te la sbolognano su internet e ci puoi pure giocare all’uomo ragno.
Anche la rete svolgeva la sua funzione di compagnia tenendo compagnia a chi non né aveva una.
Nella provincia lombarda si respirava finalmente la vecchia aria anni settanta e Seveso pareva resuscitare le scorie radioattive di tutto il mondo che a pensarci bene sarebbe stato meglio averne qualcuna radiopassiva, almeno non si sarebbe dovuto chiamare il mostro di Lochness per respirare a pieni polmoni le stronzate di certi “moni” che vestivano panni pubblici per non calzare i loro sporchi e lerci delle buste riempite di soldi pudici.
Dov’era Noè con la sua Arca dell’Alleanza?
Sbagliato, quello era Mosè che non avendo alleati se ne scelse uno di molto importante e mica era un fesso.
Intanto il capo del governo s’era lesionato un tendine e tendeva a dare le dimissioni e qualcuno ben arrapato per una seduta al barbiere della cameretta lo aveva pregato di non andar via che il suo ex voto lo avrebbe condotto alla porta del giardino dei ciliegi bacati.
«Verme d’un cittadino, mettiti il maschero che m’inquini i polmoni di virus e poi io non posso fare i cazzi miei nelle stanze dei palazzi»
Uno stuolo di pazzi, dopo aver rubato le auto blu, girava in girotondo con un megafono inneggiando al vaffanculizzare salvo poi essere fanculizzati da altri che erano più fanculizzatori di loro.
E Noè che era pure un buon falegname decise allora di costruire un catamarano e di metterci dentro tutte le specie viventi del mondo allora conosciuto comprese anche alcune forniture di mascherine contraffatte provenienti dal golfo del Messico in modo da non spendere troppi soldi che i soldi servono sempre, specie in tempo di crisi.
La visione del catamarano gigante parve una vera visione a certi tipi di poveri che non potendo permettersi di diventare ricchi avevano scelto la via della povertà non per scelta ma per imposizione
cordialmente concessa loro.
Un nuovo rappresentate della cosmica aggregazione aveva, per propria volontà, nominato un anti pappagallo che era però a favore del pappagallo sotto il banco e il sottobanco c’entrava sempre in questi affari di porporati togati.
«Togati?»
I tempi dei togati che rogavano per indurre i bunga bunga a confessare quanti viagra avevano preso per ogni sera di orgiastica predilezione erano giunti alla fine e la nazione tutta aspettava solo l’azione.
Allora dal basso dei suoi poteri l’uomo chiamato primiera e settebello parlò dal palpito del pensiero estremo e promise che entro la fine del mondo tutti avrebbero avuto una dose di cannabis pura in modo da potersi idealizzare su un concetto fumoso di vaccini che avrebbe invertito anche il più incallito pervertito.
«S’aprano i magazzini generali e anche i caporali vengano a galla come pesci e siano schiavizzati liberamente tutti coloro che raccolgono pomodori sotto il sole a quaranta gradi che se non sono quaranta non si può certo procedere a raccogliere un intero campo di quaranta ettari»
La pietà umana stanca di aspettare la fine di ogni pietà pietosamente si ritirò in un convento di non vedenti poco abbienti che almeno avevano ancora i denti per sgranocchiare qualche pannocchia di mais.
«Non sia mai che l’uomo debba essere considerato alla stregua d’un uomo, perché mai dovremmo noi rispettare quest’essere abietto e aduso all’abuso di vessazione nei confronti delle cimici? Esse nulla facevano di male se non offrire una dose di puzzo gratuitamente al primo arrivato al centro vaccinale»
Francamente tutti avremmo potuto infischiarcene della teoria dell’inferno e del caos indotto in Terra e fare la nostra porca vita di consumatori incalliti d’ossigeno e di frequentatori dei salotti natura di madre Greta che se non veniva ella a dirci che cessifichiamo troppo il suolo sacro non ce ne saremmo mai accorti.
Francamente… Certo ma la nostra mente mai fu franca con la sua coscienza e in un porto franco spesso trovammo rifugio per sfuggire alle intemperie dei prepotenti, di coloro che inquinano il mondo per poi poter ricavarne profitto dal ripulirlo.
«Io cittadino di questo porco mondo mi auto sospendo dal diritto di viverci e con mia somma goduria mi confino nella mia stanza, senza un quattrino, senza futuro, con le pezze al culo, ma felice d’avere ancora qualche neurone in testa capace di scrivere questa cazzata di racconto»