“La solitudine dei vecchi
viene da un tempo giovane
di gioventù obsoleta.
Ti ricordo nella qualità dell'istante,
nel fermo e statico divenire”
Quanto durò
quell'estasi del momento,
dal momento in cui t'accorgesti
che era trascorsa?
Cercasti nelle pinete
dei mediterranei effluvi,
nei mari dove il tramonto
sorgeva all'alba
e il saluto dell'acqua
riecheggiava sulla battigia solitaria.
Allora solitudini temporali
non ebbero tempo nel loro tempo
e radici scesero lontano
dove la memoria non arrivò.
Era la stagione dove
i sogni si dipingevano in serie
e le nebbie non duravano mai troppo.
Troppo tempo s'archiviò
nei cartacei contenitori listati a nero.
Eppur fiori si disegnarono sulle copertine
e melodie solcarono rocce tese all'abbraccio.
T'osservai immobile sul gradino di porfido,
fra le anguste strettoie dei pensieri.
Divenni statua di marmo in attesa del sapere.
Ero finalmente un vecchio fra i vecchi
e le angosce erano quelle degli altri
perchè io ero vecchio,
perchè gli altri erano vecchi.
No,
non poteva essere così
fresca linfa irrorava ancora le mani.
Ancora scorreva il tratto di carbone
attraverso scoloriti pigmenti.
No,
urlavo in silenzio la mia gaia e ridente vecchiezza.
Urlavo nelle maschere d'ossigeno,
nelle sedie di metallo,
nelle siringhe sui tavoli,
nelle mense comuni,
nei volti della gente,
nel sorriso d'un demente.
Sì infine urlai a me stesso
d'esser un vecchio.
Un giovane vecchio.
viene da un tempo giovane
di gioventù obsoleta.
Ti ricordo nella qualità dell'istante,
nel fermo e statico divenire”
Quanto durò
quell'estasi del momento,
dal momento in cui t'accorgesti
che era trascorsa?
Cercasti nelle pinete
dei mediterranei effluvi,
nei mari dove il tramonto
sorgeva all'alba
e il saluto dell'acqua
riecheggiava sulla battigia solitaria.
Allora solitudini temporali
non ebbero tempo nel loro tempo
e radici scesero lontano
dove la memoria non arrivò.
Era la stagione dove
i sogni si dipingevano in serie
e le nebbie non duravano mai troppo.
Troppo tempo s'archiviò
nei cartacei contenitori listati a nero.
Eppur fiori si disegnarono sulle copertine
e melodie solcarono rocce tese all'abbraccio.
T'osservai immobile sul gradino di porfido,
fra le anguste strettoie dei pensieri.
Divenni statua di marmo in attesa del sapere.
Ero finalmente un vecchio fra i vecchi
e le angosce erano quelle degli altri
perchè io ero vecchio,
perchè gli altri erano vecchi.
No,
non poteva essere così
fresca linfa irrorava ancora le mani.
Ancora scorreva il tratto di carbone
attraverso scoloriti pigmenti.
No,
urlavo in silenzio la mia gaia e ridente vecchiezza.
Urlavo nelle maschere d'ossigeno,
nelle sedie di metallo,
nelle siringhe sui tavoli,
nelle mense comuni,
nei volti della gente,
nel sorriso d'un demente.
Sì infine urlai a me stesso
d'esser un vecchio.
Un giovane vecchio.