Il lago accanto alla casa
“Nell'andare verso nord, sotto la cintura delle Alpi, un crogiolo di case riempie la piana padana. Vi scorre irrequieto il Bacchiglione, che da esse traversa le terre del Palladio e gli Euganei colli fino al patavino capoluogo, dove si dirama fino a toccar il Brenta e di là va poi a trovar sbocco nell'alto adriatico.
Guarda l'altopiano d'Asiago dai sui erti monti il comprensorio sottostante
invidioso della nebbia che frequentemente lo riempie.
Non lontano dal luogo di nascita del Mantegna se ne sta il borgo mio con la sua torre comunale e il campanile della vecchia chiesa.
La vista volge in fronte al colle della Madonna ai piedi del quale, prima d'iniziar la salita che al parco regionale porta, si trova l' Abbazia di Praglia, con la sua millenaria storia. Al suo interno la biblioteca nazionale ospita molte delle opere di Antonio Fogazzaro lasciate in eredità ai monaci Benedettini: un suo romanzo è ambientato in quei luoghi”
V'era una stradina nel luogo di mia dimora che amava circondarsi d'orticelli,
così piccoli e quadrati da sembrar quasi una grande scacchiera dove qualche alto stelo di pomodorini si dava aria d'esser il re e delle verdi zucchine pensavano d'esser la regina e tutta la corte erano poi i vari ortaggi di stagione.
Essa si inoltrava formando uno stretto sentiero all'interno d'un bosco di tigli e querce, che a cintura circondavano un lago dalle acque verdi e chiare.
Percorrendo quel cammino, sotto un arco di rami intrecciati, s'andava all'interno della vegetazione fin quando poi non si godeva di stupenda vista.
Un casolare antico nascondeva alla vista la via d'accesso, rendendo quei luoghi riservati e nascosti al rumore e agli affanni del mondo moderno.
In inverno la terra, intrisa d'umido da nebbie ricorrenti, si presentava tanto fangosa da rendere l'accesso a quel lago meno agevole.
Spesso andavo a osservarlo e nel venire dei ricordi che esso provocava, amavo scrivere dei miei giorni.
“Pensieri sfiorarono i tuoi sensi.
S'ammantarono di fresca
mattutina bruma,
in un insolito gennaio
che al freddo rideva di sé,
fra nuvole e spogli campi”
Arrivò un tenue sole,
s'accesero di pallide
sensazioni stradine
umide e fangose.
Le percorsi
scivolando sull'erba,
ma non trovai
ragion alcuna.
Colsi il tuo cuore,
che lì lasciasti.
Lo lavai con il mio amore,
lo riposi in me
e come uno scrigno
colmo di preziosi,
con gelosia lo nascosi
agli occhi del mondo.
“Pensieri sfiorarono
i miei sensi in gennaio
ma non raggiunsero
mai i tuoi.
Ti portai indietro
il cuore,
ma tu ne avevi un altro
che non era il mio
e nemmeno il tuo”
Molte volte scrivevo steso su di una radice, che tra le secche foglie usciva fuori a curiosare fino a morire con il suo legno nell'acque del lago.
Mi tenevano compagnia i canti dei merli che gironzolavano qua e là in cerca di vermetti e qualche anatra di cui mi divertivo a imitar verso.
Era una natura perfetta tanto da rendere lo spirito giovane e sognante.
“Colsi
un cuore
smarrito per caso
nella bruma del mattino,
lo custodii
e nel far questo il mio lasciai in un bosco,
un giorno d'un gennaio brumoso”
Ma i versi a volte finiscono e il freddo spesso risveglia il bisogno d'umano calore.
Quel calore non era molto lontano, la mia casa era poco distante; mi svegliai dal mio sogno, salutai quei luoghi con il mio infantile garbo, raccolsi le mie membra in un unico corpo e m'alzai ancor vivo nei pensieri.
“Una notte distrutta
lasciò il posto
a un alba timida e nascosta,
traversò il mio amore
e io venni a cercati ancora
in luoghi dove il dolore
trova cura”
Nell'amar donai un cuore ansioso d'averne in cambio un altro.
Ma così non fu e a me nulla restò.
“Nell'andare verso nord, sotto la cintura delle Alpi, un crogiolo di case riempie la piana padana. Vi scorre irrequieto il Bacchiglione, che da esse traversa le terre del Palladio e gli Euganei colli fino al patavino capoluogo, dove si dirama fino a toccar il Brenta e di là va poi a trovar sbocco nell'alto adriatico.
Guarda l'altopiano d'Asiago dai sui erti monti il comprensorio sottostante
invidioso della nebbia che frequentemente lo riempie.
Non lontano dal luogo di nascita del Mantegna se ne sta il borgo mio con la sua torre comunale e il campanile della vecchia chiesa.
La vista volge in fronte al colle della Madonna ai piedi del quale, prima d'iniziar la salita che al parco regionale porta, si trova l' Abbazia di Praglia, con la sua millenaria storia. Al suo interno la biblioteca nazionale ospita molte delle opere di Antonio Fogazzaro lasciate in eredità ai monaci Benedettini: un suo romanzo è ambientato in quei luoghi”
V'era una stradina nel luogo di mia dimora che amava circondarsi d'orticelli,
così piccoli e quadrati da sembrar quasi una grande scacchiera dove qualche alto stelo di pomodorini si dava aria d'esser il re e delle verdi zucchine pensavano d'esser la regina e tutta la corte erano poi i vari ortaggi di stagione.
Essa si inoltrava formando uno stretto sentiero all'interno d'un bosco di tigli e querce, che a cintura circondavano un lago dalle acque verdi e chiare.
Percorrendo quel cammino, sotto un arco di rami intrecciati, s'andava all'interno della vegetazione fin quando poi non si godeva di stupenda vista.
Un casolare antico nascondeva alla vista la via d'accesso, rendendo quei luoghi riservati e nascosti al rumore e agli affanni del mondo moderno.
In inverno la terra, intrisa d'umido da nebbie ricorrenti, si presentava tanto fangosa da rendere l'accesso a quel lago meno agevole.
Spesso andavo a osservarlo e nel venire dei ricordi che esso provocava, amavo scrivere dei miei giorni.
“Pensieri sfiorarono i tuoi sensi.
S'ammantarono di fresca
mattutina bruma,
in un insolito gennaio
che al freddo rideva di sé,
fra nuvole e spogli campi”
Arrivò un tenue sole,
s'accesero di pallide
sensazioni stradine
umide e fangose.
Le percorsi
scivolando sull'erba,
ma non trovai
ragion alcuna.
Colsi il tuo cuore,
che lì lasciasti.
Lo lavai con il mio amore,
lo riposi in me
e come uno scrigno
colmo di preziosi,
con gelosia lo nascosi
agli occhi del mondo.
“Pensieri sfiorarono
i miei sensi in gennaio
ma non raggiunsero
mai i tuoi.
Ti portai indietro
il cuore,
ma tu ne avevi un altro
che non era il mio
e nemmeno il tuo”
Molte volte scrivevo steso su di una radice, che tra le secche foglie usciva fuori a curiosare fino a morire con il suo legno nell'acque del lago.
Mi tenevano compagnia i canti dei merli che gironzolavano qua e là in cerca di vermetti e qualche anatra di cui mi divertivo a imitar verso.
Era una natura perfetta tanto da rendere lo spirito giovane e sognante.
“Colsi
un cuore
smarrito per caso
nella bruma del mattino,
lo custodii
e nel far questo il mio lasciai in un bosco,
un giorno d'un gennaio brumoso”
Ma i versi a volte finiscono e il freddo spesso risveglia il bisogno d'umano calore.
Quel calore non era molto lontano, la mia casa era poco distante; mi svegliai dal mio sogno, salutai quei luoghi con il mio infantile garbo, raccolsi le mie membra in un unico corpo e m'alzai ancor vivo nei pensieri.
“Una notte distrutta
lasciò il posto
a un alba timida e nascosta,
traversò il mio amore
e io venni a cercati ancora
in luoghi dove il dolore
trova cura”
Nell'amar donai un cuore ansioso d'averne in cambio un altro.
Ma così non fu e a me nulla restò.